«Pronto, è Romano Prodi?». Con Fiorello dall'altro capo del telefono, va in onda su Viva Radiodue il dovuto risarcimento al leader dell'Unione rispetto all'ingorgo radiofonico provocato la scorsa settimana da Silvio Berlusconi sulle frequenze di servizio di Isoradio. Per il centrosinistra il risarcimento diventa anzi duplice. Approfittando della linea, infatti, l'istrionico conduttore redige anche il trattato di pace tra il professore bolognese e la capitale. Romano di nome («sono nato per san Romano») il candidato premier viene teleguidato alla declamazione in romanesco sospirato di alcune strofe della celeberrima «Roma capoccia» di Antonello Venditti. Pace fatta, dunque, tra Prodi e la città eterna. E soprattutto tra Prodi e Walter Veltroni, che si affretta a elogiare l'intervento del candidato premier, dicendosi rassicurato dell'impegno che saprà dimostrare per Roma capitale.
A parte però le delicate bilance della par condicio e il simpatico siparietto, ben poco ieri è andato per il verso giusto sul fronte unionista. Il dissapore tra Prodi e Veltroni, ovviamente, rimane tutt'altro che edulcorato: almeno nella misura in cui è dovuto alle gelosie del professore per la popolarità del sindaco nel ruolo di leader del partito democratico. Ancor prima degli scenari futuribili, è poi il panorama pre-elettorale a presentarsi tutt'altro che agevole.
Dai microfoni Rai il professore ostenta grande serenità. Berlusconi è «alla canna del gas», giogioneggia Prodi dicendosi pronto a «uno, cento, mille...» faccia a faccia con il cavaliere e promettendo di «durare 5 anni» per «ricominciare a fare di questo paese una roba più allegra». A microfoni spenti, però, gli inconvenienti sulla strada dell'Unione cominciano a moltiplicarsi forse troppo.
«I sondaggi vanno bene e siamo stabilmente di cinque, sei punti avanti», assicurano dal quartier generale prodiano. Anche se lunedì sera, nel corso della riunione dell'ufficio di presidenza della direzione Ds, l'analisi del maggior alleato si è fatta più allarmata. «La lista unitaria va abbastanza bene», riferiscono i Ds di un 32-33%. Ma preoccupa il fatto che, «tranne i Verdi, tutti i piccoli restano sotto la soglia di sbarramento» (2% per la camera e 3% al senato). Il problema riguarda Pdci, Udeur e tantopiù l'Italia dei valori di Antonio Di Pietro. Ed è un guaio che si ripercuote nella difficile composizione delle liste elettorali. Anche i voti di chi rimane escluso dagli sbarramenti vanno infatti a ingrassare il saldo complessivo della coalizione, ma proprio in ragione del sangue versato per il conseguimento della maggioranza quelle forze esigono un risarcimento in termini di rappresentanza.
Ed ecco che la coperta diventa corta. Anzi, cortissima. Con la nuova legge elettorale proporzionale, infatti, il numero dei seggi a vantaggio della maggioranza si è ridotto di molto. «Dobbiamo ancora superare lo scotto dei posti persi», riflettono ad esempio nei Ds, che da minoranza hanno oggi più di 140 deputati e da maggioranza potranno contare domani al più in 130 eletti. Alla Quercia tocca sacrificarsi in favore degli alleati minori. Ma il problema delle liste e della frammentazione del centrosinistra è di soluzione tutt'altro che indolore.
Alla camera, ad esempio, la ripartizione della lista unitaria ulivista deve tener conto di Ds, Margherita e della quota di indipendenti chiesta dal professore. Ma non è tutto. Proprio rispetto a questo ieri l'Udeur ha nuovamente litigato con gli alleati. «Se noi non raggiungiamo il quorum, portiamo comunque voti alla coalizione ma non abbiamo nessun eletto - spiega Mauro Fabris - Dunque l'Ulivo ci deve garantire un numero minimo di deputati nelle sue liste». Ma i tre deputati offerti da Ds e Margherita sono giudicati «una proposta irricevibile». Anche Di Pietro si lagna, se non altro di non essere nemmeno stato chiamato a un negoziato. Quello che invece si è svolto con il Psdi a cui Prodi avrebbe garantito l'ennesimo scranno.
Con sempre meno posti liberi, il partito di Mastella lascia squillare le sirene delle avance berlusconiane. Il leader Ds Piero Fassino si dice sicuro che l'Udeur resterà nel centrosinistra, contando in particolare sull'attaccamento dei potentati locali alle amministrazioni di centrosinistra di cui fanno parte. Ma Mastella ha gioco facile nel tenere tesa la corda.