IL CAPITALE

I punti fermi nel programma dell'Ulivo per rilanciare lo sviluppo

POLITICA ECONOMICA
ROMANO ROBERTO,ITALIA

In un intervento sul «manifesto» di alcuni mesi fa Valentino Parlato osservava che, nonostante l'impegno del centro sinistra, molte domande semplici erano eluse: lavoro si, ma come? occupazione si, ma come? Nessuna di queste domande ha trovato una risposta adeguata. Quando Parlato faceva quelle domande, sul manifesto si svolgeva una dibattito sul programma economico, che ridotto all'essenziale divideva la platea tra i sostenitori della crisi da offerta e i sostenitori della crisi da domanda. Da una parte chi sosteneva la crisi da domanda derivante da una pessima distribuzione, alla quale rispondevano i sostenitori della crisi da offerta. E' difficile sostenere che la sola crescita della domanda possa correggere questa situazione in ragione del vincolo estero (bilancia commerciale), cioè la forte crescita delle importazioni rispetto alle esportazioni. In sostanza, il nostro sistema produttivo non può cogliere la domanda internazionale come elemento di sviluppo interno. Risolvere questo «busillis» significa rispondere alle domande di Parlato.

Dopo alcuni mesi di dibattiti pubblici sul Progetto/Programma dell'Unione, gli interrogativi di Parlato trovano una attenzione inedita. La bozza di programma del centro sinistra è caduta proprio sugli interrogativi di Parlato. Le crescenti difficoltà della finanza pubblica, il dissesto sociale e morale del Paese, non giovano alla realizzazione di un progetto credibile. Anzi, vanno ad accrescere le difficoltà del prossimo governo. Ereditare, anche per il 2005, il primato europeo della stagnazione economica con una crescita del Pil prossima allo zero, la crisi della scuola, della giustizia e dell'etica pubblica, rappresentano un «onere» dal quale non sarà facile uscire.

Ci sono proposte del centro sinistra di riduzione del costo del lavoro tese a fare crescere i salari anche «apprezzabili nel fine», ma se si ritiene che questa sia la strada per ridare competitività al nostro sistema economico e ridurre il nostro vincolo estero, allora, gli interrogativi di Parlato sono tuttora aperti. Infatti, non è a causa del costo dei fattori che il Paese sta declinando, o la ragione della nostra disoccupazione. Il declino del nostro Paese è interamente imputabile alla specializzazione produttiva. Mentre i Paesi europei commerciano tra loro beni e servizi «intermedi» e di «investimento», con alti tassi di crescita, l'Italia importa beni intermedi e di investimento realizzati nei Paesi europei ed esporta beni di consumo, che hanno bassi tassi di crescita e con minore valore aggiunto incorporato.

La crisi del settore tessile è esattamente la fotografia più efficace del Paese. Mentre la Germania esporta tessile «intermedio» (tessile sanitario, igienico, tessile non tessile), l'Italia è costretta a competere con la Cina su beni di consumi (vestiti). Anche per questi motivi, sempre su il manifesto, sono state indicate altre ipotesi.

Offrire delle risposte agli interrogativi di Parlato, significa dare una ri-collocazione al ruolo della politica economica pubblica. È vero che l'economia pubblica sta uscendo, almeno a parole, dal dimenticatoio, tuttavia è ancora considerata una questione da trattare con i guanti.

Nell'economia reale del nostro paese le strade percorse dal precedente governo di centro sinistra sono estremamente negative. Il nostro sistema produttivo è - molto semplicemente - impossibilitato ad affrontare da solo i mercati internazionali per carenze e culture storiche. Sostanziamente le imprese oggi costituiscono un vincolo strutturale. Se è vero che questo sistema più investe risorse finanziarie, sempre meno si arricchisce, non è perché abbiamo felicemente scelto la «decrescita», piuttosto siamo in presenza di un declino galoppante.

Qualcuno sostiene che il declino del Paese è causato da scarsa liberalizzazione. Questa è una posizione ideologica, che non riflette sui dati di fatto e nemmeno sulle analisi critiche delle pseudo-liberalizzazioni realizzate dal centro sinistra che ha determinato nuove posizioni di rendita e di inefficienza, ovvero l'esatto opposto di un processo di riconversione delle specializzazioni produttive.

Inoltre, l'evoluzione della domanda sociale ha permesso di ampliare l'orizzonte dello sviluppo, che non si esaurisce nella misura della variazione del Pil. Lo sviluppo sottende una capacita di affrontare, con gli strumenti della conoscenza, le distorsioni, le deformazioni, gli sprechi e le iniquità connesse ad una visione puramente mercantilistica del mercato. In definitiva, si sta attuando nelle società più evolute una capacità di progettare una nuova qualità della domanda e dell'offerta. Affrontare queste questioni e le domande di Parlato, significa mettere in discussione la distribuzione dei poteri nella società; significa attribuire alla scuola un valore forte; significa coniugare la dimensione economica della ricerca scientifica e lo sviluppo di un livello di democrazia reale, nella direzione di una società socialista.

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