VISIONI

Presepe morente vivente

ULTIMATUM
GHEZZI ENRICO,ITALIA/ROMA

Blocco apocalittico del traffico vicinissimo alla stazione Termini, per un presepe vivente che prima di solidificarsi in un parco si svolgeva in parata nel pomeriggio dell'epifania. (Da un notiziario radio sul traffico letto con rassicurante monotonia da una voce femminile dolcefredda: «sette chilometri di coda in direzione nord per un maxitamponamento... tre chilometri di coda in direzione sud per curiosi». Così senza commento. L'ideale situazione estaticofilmica sarebbe o sarà quella della parità: tutti si fermano, nell'altra corsia, non tanto per morbosa attrazione o pia preghiera dedicata all'incidente, quanto per assistere al fermarsi altrui in quanto «incidente», specchiarsi in esso in un bloccarsi teatrale intenso come Mille Wilson Ronconi Bausch). Scandalo facile per i dodici morti minatori, dati per vivi negli Stati uniti. Wishful thinking da media, communication breakdown per l'equivoco di un attimo tra due squadre di salvataggio, tra abisso e superficie. Ossessione cinica dello scoop, desiderio cieco di salvezza; eccetera. Difficoltà dilagante e anzi dilagata di riconoscere il mito, salvo produrre a macchina «miti» e «culti» a ogni istante. Questa deformazione immediata nel medium o nell'intrico dei media è la forma del mito nel presente, se non addirittura l'unica forma del (mito che è il) presente. Il mito del presente in cui tutto avviene e si dirama e va in rete, e nulla si percepisce se non il diramarsi stesso (folgorazione aristotelica di Macluhan).

Stupefacente il new world di Malick, nel riproiettare sui tempi lunghi della colonizzazione l'istantaneità mitica dell'oggi. Gioco Titanico. Come nel film di Cameron, un passaggio storico epocale viene non ridotto a storia di una coppia, ma ingigantito in essa. Primissimo piano di un (nuovo) mondo, visto/ascoltato da una macchina aliena subacquea sotterranea volante sublunare (il cinema) per la quale l'inquadratura di un insetto o di un volatile o di una figura umana intera, di un gruppo di navi o di un volto, di un tramonto o di una smorfia, del sole di una foglia un albero un occhio una freccia e delle parole che sono letteralmente il bordo costante tra visibile fuoricampo e invisibilità del vedente (la sottile linea rossa tra visibile e invisibile nell'onnipresente monologo interiore dei personaggi che genialmente combatte col nostro diventando monologo esteriore, diffuso e espanso negli spazi filmati) non induce una scala di grandezze ma un'articolazione anarchica al di là del tempo, che infatti non esiste e non si racconta ma presiede a sua volta all(in)azione in forma ancora spaziale, acronologica e mossa in tutte le direzioni ben oltre l'avanti e indietro temporale lineare. Lo spazio del sogno e dell'utopia è il primo a essere eroso e devastato. Un triangolo amoroso, anacronismo nouvelle vague, emerge nel nuovo mondo già desolato e capitalizzato e ritualizzato dal potere: quasi una forma indistruttibile della distruzione e consunzione stessa, generata nel mare di Solaris dalla luce degli occhi di Pocahontas, la stessa luce che il vento del cinema di Malick trova ostinatamente quale unico soggettooggetto e tema e set vuoto trasparente, unica «cosa» filmata e invisibile (i ciechi a occhi aperti, quelli che non vedono, che non si concedono quindi né all'illusione né al dubbio radicale del se vedo non credo che pure potremmo infine aver imparato a dire; parleranno certo di «cartoline», di «illustrazione estetizzante», come per Disney o per il Godard di nouvelle vague).

Misteriosamente e insieme con precisa contingenza di programmazione, rivà in onda in tv (stesso destino di Europa 51) come in tutte le epifanie o nei capodannosissimi capodanni dell'ultimo decennio Hollywood Party, il party per eccellenza, apofania di ogni presente, entusiasmante lettera minatoria (mitica come i minatori vivomorti dell'immaginario soviet mediatico americanmondiale) al senso. L'orchestrina sulla tolda della piscina della casa «titanic», incurante della nuvola enorme di schiuma che la contorna e infine la avvolge, continua a suonare.

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