POLITICA

Proporzionale al sicuro. Previti meno

BIANCHI GIULIA,ITALIA

«Ci sono delle cose su cui abbiamo parlato in maniera piana e cordiale e si sono trovate delle soluzioni», dolcifica Berlusconi per smentire dissapori con il capo dello stato nel corso del lungo faccia a faccia di venerdì in cui è parlato di legge elettorale, ex Cirielli e par condicio. Certo è che sulla legge elettorale la maggioranza è intenzionata a proseguire senza modifiche, come informa anche Pierferdinando Casini con un'intervista al Messaggero in cui esclude che ci siano ragioni costituzionali per fare cambiamenti al senato. Così come è sicuro che sulla ex Cirielli il neosegretario dell'Udc Lorenza Cesa si è prodotto nel primo atto politico della sua leadership: un emendamento che esclude dalla prescrizione i procedimenti pendenti in appello e cassazione (il processo a Cesare Previti, insomma). Una modifica che viene incontro ai dubbi del capo dello stato. Non meno di quanto i centristi siano in sintonia con le obiezioni di Ciampi riguardo a una manomissione della legge sulla par condicio: che per altro tutti gli alleati del cavaliere - compresa la Lega - vogliono salvaguardare per non essere massacrati sul piano mediatico della potenza di fuoco berlusconiana. I dissapori tra Ciampi e Berlusconi, insomma, rimangono tutti. Ma se il capo dello stato ha una pessima opinione della riforma elettorale in senso proporzionale, quello è l'unico campo in cui per il Quirinale è difficile intervenire. Se non altro perché non ha sponde tra gli alleati, e perciò finirebbe per prendere troppo le parti (politiche) dell'opposizione. Ciampi stesso, del resto, preferisce riservare il suo potere di interdizione alla par condicio, la cui messa in mora agli occhi del Quirinale rappresenta un vulnus alla dialettica democratica ben più grave di quanto non sia invece la modifica del sistema di voto.

Il capo dello stato è oltremodo attento anche ai temi della giustizia. Ma su questo il preannunciato emendamento centrista alla ex Cirielli dovrebbe dissipare le preoccupazioni. Già Berlusconi ha annunciato «approfondimenti necessari». E ieri la modifica è stata messa nero su bianco da Cesa. La non entusiasma affatto la pattuglia parlamentare azzurra. Anzi, gli azzeccagarbugli del premier ci tengono a precisa che «la normativa non può diventare un'altra cosa». Nel senso che ad avviso dei falchi di forza Italia la modifica dell'Udc «è irricevibile e incostituzionale». Sembra però che ormai lo stesso Berlusconi sia disponibile alla modifica. Senza contare che anche dentro An l'emendamento centrista rinnova le tensioni, dato che la destra sociale e non solo è schierata a favore della modifica in contrapposizione agli ex colonnelli (La Russa e Gasparri) di Fini.

Salva la par condicio, l'architrave che regge tutto è comunque la legge elettorale. La riforma del voto è infatti sostenuta unanimemente dalla maggioranza, e lo stesso Berlusconi sembra privilegiarla a ogni altra cosa. Del resto, rappresenta l'unica strada per provare a vincere di nuovo. E perciò i leader preferiscono metterlo al riparo da modifiche e ritardi, facendo scivolare anche le polemiche interne sulle quote rosa. «Il senato è sovrano, ma francamente non vedo motivi costituzionali per rivedere l'impianto della riforma», dice Casini. E fa eco Fini: «Il testo è costituzionalmente corretto». Avanti tutta, dunque.

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