METROVIE

L'ANEMICO VAMPIRO E IL FUTURO DELLA POLITICA

FREZZA GINO,ITALIA

Che rapporto c'è fra un funzionario del Pci dei primi anni ottanta, assalito da una progressiva anemia, e gli intellettuali italiani di quel decennio, o le questioni della politica e della cultura del nostro presente? A queste domande risponde, in modo solo in apparenza fantasioso e narrativo, un romanzo edito nel 1984 e scritto da un, allora, poco più che quarantenne professore universitario, esperto di comunicazione e di sociologia dei media. Sto parlando di Alberto Abruzzese, che per venti anni fino al 1992 ha insegnato all'Università di Napoli, maestro e formatore di alcune generazioni di professionisti del cinema, della tv pubblica e privata, del mondo universitario stesso e della cultura artistica della nostra città. Il suo romanzo si chiama Anemia. Storia di un vampiro comunista, apparso la prima volta per i tipi di Theoria e oggi ripubblicato dalle romane Cooper edizioni. Nei confronti di Abruzzese, Napoli ha qualche debito da saldare, o forse potrebbe almeno provare a ripagare la generosità con cui questo docente-scrittore si è speso, pensando e discutendo fino ai suoi estremi i rapporti intercorsi fra la città e l'epoca moderna, la sua dimensione insieme catastrofica e rigenerativa, la sua peculiarità sociale e culturale, dalla fine dell'Ottocento (la nascente industria culturale dello spettacolo, fra teatro, musica, cinema) a oggi (l'era nuova dei media interattivi e della convergenza digitale). Discutere di Anemia e ripensare la scommessa ideale e politica che muove segretamente le sue righe narrative può servire, oggi, a questo, ma il lettore può trovarvi anche elementi che lo riguardino più da vicino, che lo coinvolgano in una rete di passioni attuali. La ristampa del romanzo di Abruzzese - un'opera a suo tempo quasi bypassata dagli ambienti della critica letteraria, apprezzata in forma privata da acuti osservatori come Italo Calvino, testo che rivela alla lettura odierna un'acuta qualità profetica - tocca nervi delicati della riflessione culturale e politica di oggi. Pone questioni decisive. Come si può far conciliare la politica con la vita, per esempio. O come provare a realizzare il desiderio di libertà e l'esigenza di essere se stessi, secondo un perspicace rigore intellettuale e morale, senza retrocedere ai vincoli e alle mediazioni più basse della politica fatta di rapporti di forza, di dominio, o più spesso di azioni tese a conquistare il potere per il potere.

Anemia racconta la storia di Umberto U., funzionario di Botteghe Oscure, intellettuale che, avendo dedicato la sua vita al Pci - un partito che non c'è più - scopre d'improvviso un disadattamento e uno scollamento dal mondo dei vivi che lo allontana dagli altri e che apre un irrisolto sentore del rapporto fra la vita e la morte. Per descrivere questa figura in cui si racchiude la crisi di un'epoca della politica italiana, Abruzzese si serve della metafora del vampiro, una immagine cinematografica e letteraria che consente varie interpretazioni. Nella nota finale alla ristampa del romanzo Abruzzese ne ricorda alcune, che hanno avuto una alterna fortuna critica. Ma, liberato dalla zavorra ideologica per cui il vampiro serve soltanto a scatenare i suoi cacciatori, mossi dal nesso forte che congiunge il sapere illuministico-positivista con la morale religiosa di un cristianesimo puritano, o se si toglie la figura del non-morto (che è anche non-più-vivo) dalle strettoie del potere, allora il vampiro, secondo Abruzzese, può non soltanto farci bene apprendere come morire, ma anche e soprattutto come essere vivi in modo diverso e forse rigenerante. La sua figura non ci dice «che devi morire ma che devi vivere...Vuole convincerci che siamo dannati e non possiamo attendere salvezza. Che abbiamo accumulato una gran sapienza riguardo alla morte ma non riguardo alla vita, riguardo all'umanesimo come falsa coscienza del mondo ma non riguardo al vivente, al postumano». Il vampiro, insomma, come transito decisivo, punto nevralgico capace di indicare forme di una coscienza e di una sensibilità che si prendano «a carico la responsabilità dei modi in cui abitare il mondo».

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