PRIMA

Dietro la Germania

CASTELLINA LUCIANA,GERMANIA

Ecosì, con il varo della «Grande Coalizione», anche la Germania, ultima trincea di un'Europa almeno un po' diversa, è stata allineata a quella che sembra esser diventata la nuova tendenza del nostro continente: non l'estremismo neoliberale, ma nemmeno più la tradizione socialdemocratica. E poiché questo è il paese su cui- per le dimensioni della sua economia - si misura l'Europa, la cosa pesa e non poco. Che alla fine Schroeder avrebbe ceduto e Angela Merkel sarebbe stata la cancelliera della Grande Coalizione, era ormai da settimane scontato. La candidata della Cdu-Csu ne aveva diritto grazie a quel minuscolo 0,9 in più ottenuto alle elezioni dello scorso 18 settembre. Quel che restava da vedere era comunque quanti e quali ministeri avrebbe ricevuto la Spd. Ora si sa che l'ostinata resistenza del leader sconfitto ha dato dei frutti. Non tanto per via del numero di dicasteri con portafoglio che il suo partito ha strappato nel lungo negoziato - otto contro sei dell'Unione (quattro alla Cdu, due alla bavarese Csu), che però in compenso ha il cancellierato e un ministro addetto alla presidenza - quanto per l'importanza delle competenze cui corrispondono: esteri, finanze, giustizia, lavoro e affari sociali, sanità, commercio, ambiente e energia, cooperazione e sviluppo. Chi ricoprirà i vari ruoli non è stato ancora deciso e sarà l'oggetto di una trattativa ulteriore, destinata a durare almeno 15 giorni. Particolarmente difficile perchè in un governo di coalizione fra due grandi partiti quasi equivalenti il cancelliere conta asssai meno e dunque ai singoli ministri è dato un maggior margine di autonomia. E dunque a seconda di chi verrà scelto dai rispettivi partiti, ambedue poco omogenei al loro interno, possono esserci alcune varianti nell'orientamento generale che verrà fissato e sarà a sua volta materia di non facile discussione.

Al di là dei dettagli ancora non noti il senso dell'accordo è comunque chiaro: non ci sarà in Germania la svolta tacheriana che una parte della Cdu-Csu voleva, perchè il voto ha indicato che i loro stessi elettori hanno preso paura e hanno punito l'Unione per i toni estremisti della sua campagna elettorale, facendole subire una perdita di più del tre per cento, mentre aveva stravinto nelle regionali immediatamente precedenti; che alla Spd sarà più facile portare in porto la sua Agenda 2010, contestatissima nello stesso partito, perchè l'alleanza entro cui è ora costretta rappresenta uno straordinario alibi per tagliare lo stato sociale.

I circoli finanziari tedeschi e internazionali già piangono, comunque, perchè avevano sperato di conquistare la più forte economia europea a una drastica svolta neoliberale e ora temono che una così forte presenza nel governo della Spd non consenta di operare le trasformazioni strutturali radicali che chiedevano. Mentre la nuova formazione Die Linke-Pds commenta senza enfasi l'accordo raggiunto fra i due grandi partiti, affermando che fra di loro non c'è poi così tanta differenza (con questo argomento, solo in parte vero, ha del resto risposto a chi, durante la campagna elettorale, chiedeva un voto «utile», e cioè un voto per Schoreder, per consentire alla sua coalizione di sopravvivere. Nera e gialla o rosso e verde - ha detto - si tratta sempre di politiche neoliberali). Gli interrogativi maggiori riguardano le possibilità di durata dell'esperimento - tentato in Germania solo fra il `66 e il '69, ma collaudato per decenni in Belgio e in Olanda, paesi con partiti democristiani altrettanto «sociali» di quello tedesco - in una congiuntura mondiale così complessa come quella attuale.SEGUE A PAGINA 2

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