«Non facciamo emendamenti, ma blocchiamo, tenteremo di bloccare con ogni mezzo questa legge». Presentando la manifestazione di domenica a Roma contro la legge elettorale e la manovra finanziaria, Romano Prodi esclude così l'ipotesi di un voto del centrosinistra a favore della modifica proposta dall'Udc che reintroduce il sistema delle preferenze. Sul piano teorico per non «legittimare» e «peggiorare» ulteriormente una riforma del voto «già pessima». Sul piano pratico perché, dopo l'ultimatum del cavaliere, l'Unione si è persuasa del fatto che la legge passerebbe comunque, anche con il ritorno delle preferenze. Che in più rappresenta un volano di spesa e favorisce alquanto il potere di attrazione della destra nei confronti dei tanti piccoli ras del consenso territoriale presenti nel centrosinistra. Niente azzardi, quindi: il centrosinistra non si alambiccherà in ipotesi di ritocco al sistema di voto. In particolare il voto a favore della reintroduzione delle preferenze, che fino a poche ore fa si supponeva potesse destabilizzare la compattezza della destra sulla riforma del voto: le liste bloccate rappresentano infatti un'ancora di salvezza per molti parlamentari (ma anche partiti, come la Lega) privi di un sistema di clientele, e con ciò il viatico alla legge con cui cercano di essere riconfermati sugli scranni.
Tuttavia le parole di Berlusconi sembrano confermare che anche in caso di modifiche la legge passerebbe comunque, per giunta - appunto - «peggiorata» dal ritorno del voto di preferenza. Per questo alla fine l'Unione ha preferito non rischiare una mossa che comunque avrebbe terremotato l'iter della riforma. Perché secondo Prodi il quadro è ormai definito: «Con la minaccia rivolta agli alleati di elezioni anticipate in caso di mancata approvazione di questa legge - dice i professore - il presidente del consiglio ha chiarito definitivamente che si tratta di una legge `contro' e non di una legge `per»'. Cioè una legge voluta da «Berlusconi - chiosa il professore parafrasando il cavaliere - `per logorare Prodi', poco importa se a finire logorata sarà l'Italia».
Agli occhi del professore è insomma lampante che la riforma del voto ha solo un fine strumentale volto a favorire la destra. A questo si aggiunge una convinzione di lunga data. Cioè il fatto che tanto il suo impegno che la sua carriera politica si fondano sul principio maggioritario: una ratio a cui Prodi non intende rinunciare per nessuna ragione al mondo. «Sono entrato in politica per sostenere il maggioritario - postula - e nel maggioritario la parte riformista. Come tale spero di morire».
Il centrosinistra promette anzi di tornare al maggioritario in caso di vittoria attraverso il proporzionale proposto da Berlusconi, come ha annunciato bellicoso Massimo D'Alema. E come conferma indirettamente lo stesso Prodi quando promette che saranno abrogate le leggi ad personam, categoria in cui il professore annovera volentieri anche la modifica del sistema di voto per favorire la competizione delle destre.
Perciò Prodi chiama anche alla mobilitazione di piazza. «Abbiamo sentito l'esigenza di manifestare la nostra critica e la nostra indignazione», spiega il professore presentando l'appuntamento in piazza del popolo a Roma: domenica alle 11, con punti di informazione anche sulle primarie.
Per il leader del centrosinistra la coalizione ha «l'obbligo di spiegare che cosa c'è dietro il muro delle dichiarazioni di comodo, cosa si cela dietro questa nebbia di comunicazione con qui si nascondono le reali e gravi conseguenze di questi due provvedimenti». E se il calcolo in tasca tutti riescono a farselo da soli, per quanto riguarda la legge elettorale il leader dell'Unione ci tiene a insistere sulla «strumentalità» del provvedimento. Una manovra volta a «limitare i danni della sconfitta e consegnare a chi vince una maggioranza meno ampia, una situazione di sostanziale ingovernabilità - dice - Con l'obiettivo di aumentare il potere di interdizione delle forze di opposizione e di gettare le basi per la fluttuazione delle maggioranze parlamentari. Esattamente il contrario di quanto in tutti questi anni, dal referendum in poi, si è affermato anche da parte della destra».
Non per questo l'Unione - dopo aver rinunciato all'azzardo di votare l'emendamento più esplosivo - pensa a forme di protesta troppo rumorose quali l'occupazione del parlamento. «Non sono mai andato oltre le righe in vita mia, nemmeno quando facevo la scuola elementare», anestetizza Prodi. Promettendo ugualmente che l'opposizione sarà durissima: «Perché solo in Italia e in Iraq si cambiano le regole elettorali quando si sta per andare a votare».