«Si è aperto un tavolo», fa spolvero d'impegno il premier Silvio Berlusconi. Ma «i tempi sono stretti», come ammette lo stesso presidente del consiglio. Di giorni di attività parlamentare di qui alla fine della legislatura ne restano molto pochi, infatti, se si considera la sessione di bilancio per il varo della finanziaria che occuperà le camere negli ultimi tre mesi dell'anno. E le posizioni interne al centrodestra sono ancora distanti. Senza contare che le opposizioni smentiscono anche le più scolastiche disponibilità ad avviare il confronto sulla modifica delle legge elettorale (come quella attribuita dal Riformista a Massimo D'Alema, che invece non si dice affatto dell'avviso di intervenire sulle regole del voto). Berlusconi, comunque, la sua parte la interpreta fino in fondo. «Si stanno confrontando le parti - riferisce al termine dle consiglio dei ministri - Non abbiamo perso tempo: c'è stata un richiesta e siamo a disposizione». Ma rispetto alle istanze dell'Udc le controproposte di Forza Italia e Lega non sono andate a segno. A via Due Macelli si dicono infatti «lusingati» dalla bozza di riforma elettorale approntata dall'azzurro Mario Valducci e dal ministro leghista delle riforme Roberto Calderoli. «Ci lusinga il fatto che nella maggioranza ci sia uno sforzo per definire una proposta di riforma della legge elettorale in senso proporzionale - risponde Luigi Maninetti, capogruppo dell'Udc in commissione Affari Costituzionali - A prima vista la proposta contiene una difficoltà rilevante, ovvero il rischio di un sistema irrimediabilmente bloccato nel caso in cui emergessero due maggioranze diverse alla camera e al senato. Come detto, però, ci saranno tempi e modi per approfondire questa e altre questioni».
A metà della prossima settimana scadono per la verità i tempi per la presentazione degli emendamenti alla commissione affari costituzionali della camera. In caso di mancato accordo l'Udc ha annunciato che presenterà la propria bozza (che prevede 368 deputati eletti con il proporzionale e il conseguente ridisegno dei collegi, mantenendo la soglia di sbarramento a 4%). I centristi insistono comunque sul fatto che serve un largo consenso alla riforma. Un consenso che allo stato attuale manca del tutto. Nell'Unione sia i supporter del maggioritario che i più interessati a una correzione in senso proporzionale si dicono disponibili ad avviare il confronto sulla riforma ma all'inizio della prossima legislatura. Romano prodi è perciò categorico: «Credo che cambiare la legge elettorale a 8 mesi dalle elezioni sia assolutamente non democratico, non lo si può e non lo si deve fare». Anche Carlo Azeglio Ciampi, del resto, ha sempre fatto pervenire la sua avversione rispetto modifiche delle regole all'ultimo minuto.
Per non lasciare nulla di intentato, la maggioranza lavora comunque alla modifica dei collegi in base ai risultati del censimento e della legge sul voto degli italiani all'estero. Uno schema di ddl delega è stato illustrato ieri dal ministro Pisanu e sarà approvato nella prossima riunione. Ed è risaputo che non sono pochi i collegi uninominali maggioritari che attraverso la transumanza di poche migliaia di elettori possono cambiare di colore politico.