GERMANIA

Ricominciare dall'opposizione?

ROSSI E VERDI
CASTELLINA LUCIANA,GERMANIA

C'è chi, all'annuncio ormai definitivo (ma il presidente della Rft potrebbe ancora dire no) della resa da parte del governo rosso-verde, reagisce con rabbia, come Wolker Shlöndorf (a Bologna per un convegno) che commentando la decisione del cancelliere-compagno di gioventù sbotta: «Provo vergogna per tutti noi sessantottini: finalmente al potere abbiamo dimostrato di non essere capaci di far nulla. Nemmeno di combattere: ora, invece di reagire, chiediamo in ginocchio di esser sollevati dall'impegno». Altri, al contrario, ritengono che il passo compiuto da Schröder sia un atto di coraggio: rifiutare una lenta agonia e dare il via a un nuovo inizio, dall'opposizione. Nessuno crede comunque possibile una ripresa alle prossime elezioni anticipate a settembre, e solo pochi alla possibilità, a breve termine, di una rinascita della sinistra. Il guasto è troppo profondo e molti lo paragonano a quello che fu la caduta del muro per i comunisti: ora - dicono, guardando anche oltre le frontiere tedesche al resto d'Europa - tocca ai socialdemocratici. Per i Verdi, tanto più giovani, il discorso è diverso, la loro involuzione essendo stata ben più rapida e persino più grave di quella della Spd che ha almeno conservato un ancoraggio di classe, forse unico nel panorama del socialismo europeo.

Non sono molte, tuttavia, neppure le speranze per il nuovo soggetto di sinistra che in Germania è appena nato, frutto delle tante «camere di consultazione» cui, anche lì, gruppi sindacali e politici avevano dato vita nell'ultimo anno. Non solo per via delle ambiguità che hanno finito per accompagnare l'iniziativa di un personaggio pur prestigioso come Oskar Lafontaine, che, dopo aver abbandonato repentinamente e senza coinvolgere la sinistra del suo partito il primo governo rosso-verde, ha cominciato a scrivere regolarmente per la Bild Zeitung, il popolare ma reazionario fogliaccio tedesco; e più recentemente ha esternato ammiccanti prese di posizione anti-immigrati. E neppure perché il pur positivo accordo fra la Pds (un partito parecchio rinnovato rispetto al passato) e la sinistra radicale occidentale (fra cui molti sindacalisti), che nell'ex presidente della Spd ha trovato il suo riferimento, è per ora un «collage» frettoloso che rischia di suscitare reciproche regionali antipatie. I dubbi sulle sue possibilità di incidere realmente e raccogliere l'elettorato in fuga dalla Spd stanno piuttosto nel fatto che il nuovo gruppo non nasce da un movimento in crescita, da una nuova ondata di politicizzazione giovanile come quella che c'è stata in Italia o in Spagna ( i no-global tedeschi sono rimasti esigua minoranza); e che dunque sarà difficile indurre una correzione rispetto a quella che ormai sembra esser diventata l'opinione generalizzata: che la politica non serve più a niente. E' per questo, del resto, che tanti che abbandonano la Spd per via dei colpi inferti dal governo allo storico bastione del welfare tedesco o non votano più (i più politicizzati) o accettano l'opzione Merkel: non un falco, una signora quasi apolitica che lascerà fare al mercato che tanto fa lo stesso quel che vuole, così almeno risparmiandosi inutili discorsi sulla giustizia sociale.

Naturalmente non è vero che tutti si equivalgono e i lavoratori tedeschi saranno i primi ad accorgersene. Tanto più che un governo Cdu -Liberali non sarà affatto neutro e, con i tempi che corrono, assai poco legato alla tradizione «renana». E comunque è destinato a pesare gravemente sui già pessimi equilibri europei saldandosi con la Gran Bretagna.

Sarebbe del resto ingiusto accollare ogni responsabilità per la sconfitta di uno degli ultimi governi di sinistra del continente alla coalizione rosso-verde tedesca. Che appare vittima della contraddizione che ormai lacera ogni esperienza di questo tipo: da un lato l'impossibilità di restare fedele a un programma di sinistra dati i vincoli posti dall''Organizzazione mondiale del commercio e dalla linea ormai costituzionalizzata assunta dall'Unione europea; dall'altro i rischi che si correrebbero ove l'Unione saltasse. La debolezza della Spd sta nel non aver saputo sciogliere questo nodo e per questo la sua resa è densa di avvertimenti anche per noi.

Forse ricominciare dall'opposizione non sarà male per la sinistra tedesca. La presenza in campo del nuovo soggetto politico diretto da Gisy e Lafontaine, sia pure per ora molto fragile, potrà mettere un po' di pepe al dibattito e contribuire a quella rifondazione della sinistra che un po' ovunque in Europa stiamo cercando. A condizione, tuttavia, che prevalga un intento unitario e non una disputa elettorale fratricida fra i due pezzi della sinistra. Purtroppo volontà di dialogo non sembra ci siano per ora né da una parte né dall'altra. In mezzo i Verdi, rintanati in un rigurgito di integralismo «verde-verde».

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