L'IMBROGLIO FISCALE

Iva e Irap, il caos al potere

FISCO
SANTORO ALESSANDRO,ITALIA

Le discussioni di questi ultimi giorni denotano una notevole confusione ed una mancanza di chiarezza sugli obiettivi e le priorità da perseguire attraverso la politica fiscale. Va innanzitutto ricordato che l'Irap rappresenta una buona imposta dal punto di vista tecnico, caratterizzata da un'ampia base imponibile (il valore aggiunto al netto degli ammortamenti) e da una bassa aliquota (variabile tra il 4 e il 5%). Più prosaicamente, va ribadito (in particolare agli smemorati confindustriali) che l'introduzione dell'Irap in luogo dei 7 preesistenti contributi ed imposte ha ridotto il carico fiscale complessivo delle società di capitale di un importo non inferiore a 4-5 miliardi di euro secondo le stime più prudenti.

Ciò nonostante, il governo non ha ritenuto di difendere l'Irap che ora rischia una bocciatura in sede comunitaria sulla base di una pretesa, ma infondata, similitudine con l'Iva. Anzi, da settimane governo e maggioranza discutono di un intervento di riduzione dell'Irap le cui dimensioni, finalità e tempistiche sono tornate quotidianamente in discussione, fino al rinvio di ieri sera. Il tutto in modo convulsivo e senza tenere adeguatamente conto delle ripercussioni delle manovre ipotizzate. Non va meglio, anzi, sul fronte della copertura della riduzione dell'Irap. Stando alle ricostruzioni giornalistiche, almeno tre ipotesi si sono avvicendate (oltre ai consueti e poco credibili annunci di lotta all'evasione): l'aumento dell'aliquota Iva ordinaria dal 20% al 21%, l'inclusione nella base imponibile dell'Irap degli ammortamenti e la revisione della tassazione delle rendite finanziarie.

Si tratta di tre opzioni completamente diverse quanto a presupposti e conseguenze. L'aumento dell'aliquota dell'Iva si scaricherebbe immediatamente sui prezzi a causa del meccanismo stesso dell'imposta, e questo potrebbe comportare una riduzione dei consumi. Il saldo netto delle vendite (prezzi più elevati ma minori volumi) potrebbe danneggiare i commercianti, specialmente al dettaglio, e questo spiega l'opposizione politica della Lega.

Gli effetti redistributivi, inoltre, sarebbero tutti da valutare. L'inclusione nella base imponibile dell'Irap degli ammortamenti, cioé del valore economico del capitale utilizzato, rappresenta l'opzione più semplice, di cui in realtà si discute da anni e che non è priva di una sua razionalità economica. Essa, tuttavia, andrebbe a penalizzare chi ha effettuato investimenti in macchinari e attrezzature negli anni scorsi, e questo spiega l'opposizione delle imprese manifatturiere. Infine la revisione delle rendite finanziarie, ed in particolare l'accorpamento delle aliquote sugli interessi, da un alto, e su plusvalenze e guadagni di capitale, dall'altro lato, sarebbe di gran lunga il provvedimento più ragionevole sul piano dell'equità.

Inoltre, sembra improbabile che questa revisione possa determinare la fuga in massa di capitali, pur talvolta paventata, poiché la maggior parte dei capitali che ne avevano la possibilità sono, ahinoi, già fuggiti. Tuttavia, questa manovra andrebbe a colpire molti rentiers e questo è probabilmente inviso a significative parti della maggioranza.

*Ricercatore di Scienza delle finanze presso l'Università degli Studi di Milano-Bicocca


Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it