Breve e intenso è il percorso nell'iconografia dissacrante dei fratelli Luo propostoci dallo spazio espositivo di Changing Role, nel cuore di Napoli (fino al 4 giugno). Sette le lacche su legno messe in mostra, in una veste inedita che accentua i toni sgargianti di una spregiudicata critica neo-pop alla società cinese contemporanea. Gli artisti combinano l'iconografia beneaugurante tipica dei calendari tradizionali alle icone della civiltà capitalistica (Coca-cola, McDonald's, Motorola,...), tanto occidentale quanto orientale, per rappresentare con un'ironia graffiante scene e personaggi storici e pseudo-storici riferibili agli ultimi 40 anni di storia della Repubblica popolare cinese. Lontane dalla tradizione di un tempo, le procedure per la lavorazione della lacca sono qui associate a tecniche miste (disegno, pittura, fotografia), onde donare alle raffigurazioni di questi collage sgargianti un sorprendente effetto patinato «da copertina». Sono dunque dei veri e propri cartelloni pubblicitari quelli che andiamo ad osservare, che ci presentano il presidente Mao e le sue sorridenti guardie rosse, i giovani d'oggi e i loro fastosi sogni di gloria, i telefonini e le armi, gli aerei da guerra e tutti i mezzi che spianano la via al «progresso» della Cina del nuovo millennio. I toni, eccessivamente didascalici, divengono volutamente grotteschi, l'accozzaglia di riferimenti culturali evidenzia il caos che regna nelle megalopoli della vivacissima Cina urbana del XXI secolo, dove migliaia di guardie rosse inneggiano a Mao levando in aria non più i libretti rossi ma le lattine (rosse) di Coca-cola. Le tre opere su carta che completano la mostra abbandonano i colori sgargianti delle lacche e si perdono nelle sfumature pastello di un'atmosfera più tenue e meditativa. Le scene sono ancor più grottesche: una piramide di lattine di Coca-cola dominata dalla figura di Mao, circondata da aerei da guerra, su cui danzano ammiccanti ballerine vestite da guardie dell'esercito di liberazione; un enorme panino ripieno, anch'esso dominato dalla figura del Grande Timoniere, attorno al quale si staglia una folla di porci in abito militare e di gente comune, entrambi sbiaditi al punto da sembrare dei cervelli o delle semplici macchie prive di volto.