La fiction su De Gasperi è nata tra le polemiche e approda in televisione con lo stesso clima. Claudia Mori, che con la sua Ciao ragazzi ha voluto e prodotto la miniserie, era arrabbiata allora e lo è anche adesso per via di tre modifiche repentine alla data della messa in onda. Lo sceneggiato in due puntate era programmato inizialmente per il 25 e 26 aprile - «abbiamo scelto una data istituzionale» dice Agostino Saccà, a capo di Rai fiction, che proprio non riesce a pronunciare «liberazione» figuriamoci «Resistenza» - poi un cambio improvviso: la prima parte sarà trasmessa sempre di lunedì ma la seconda scala a mercoledì. Ieri ancora una modifica in corsa e si torna all'originario 25-26 in prima serata, sembra definitivamente. Il direttore di Raiuno, Fabrizio del Noce, giustifica l'operazione come strategia editoriale per non incappare nel match di Champions league programmato prima sul satellite e arrivato solo dopo, dice lui, sulle reti Mediaset. Che a giocare sia il Milan (contro il Psv Eindhoven), non è un dettaglio indifferente. «Non mi sembra un modo per tutelare la seconda puntata di questa fiction che è quella più politica e più difficile - Claudia Mori, informata della strategia poco prima della conferenza stampa a Viale Mazzini, è feroce - Sarebbe la terza volta che ce la spostano. Certamente non aiuta». Anche Liliana Cavani, che ha diretto De Gasperi - L'uomo della speranza, non è convinta dello stravolgimento deciso all'ultimo minuto, con gli spot e i settimanali televisivi ormai incorreggibili. La regista, che conosce bene i meccanismi della Rai (era nel consiglio di amministrazione) e anche quelli del cinema, protesta: «È l'atteggiamento di un distributore folle, il pubblico non capisce più nulla. Un atteggiamento patetico, ridicolo, comico. Se si fosse comportato così un distributore cinematografico sarebbero stati guai per lui. Ed è anche un segno della visione economica di chi gestisce tutta la baracca, senza tenere in alcun conto il denaro speso, chi ci ha lavorato e, soprattutto, il pubblico». Delle polemiche precedenti non ha voglia di parlare e liquida la questione con un diplomatico: «ora siamo qui e sono felice che il mio film vada in onda». Ma invece è bene ricordare quello che è accaduto.
La fiction sul padre della Democrazia cristiana doveva essere pronta per l'estate del 2004, in occasione del cinquantesimo anniversario della sua morte, il 19 agosto 1954. Che fosse Liliana Cavani a mettere in scena la vita di De Gasperi non era però conveniente proprio quando tutti, Berlusconi in testa, ambivano a accreditarsi come gli eredi dello statista della Valsugana. Forti pressioni politiche si attivarono per far rimandare le riprese e se non fosse stato per l'ostinazione di Claudia Mori il giorno del sessantesimo della Resistenza non ci toccherebbe neanche la miniserie sul primo democristiano dal volto umano. Saccà fu addirittura ascoltato in commissione di vigilanza in merito alla questione. Le voci che fosse stato lui a insistere perché la sceneggiatura (di Massimo De Rita, Mario Falcone e della stessa Cavani) cominciasse da dopo la guerra, in modo da lasciare fuori campo l'antifascismo di De Gasperi (che invece la fiction mette bene in evidenza) e concentrarsi sugli scontri con Togliatti e Nenni e sul suo deciso anticomunismo (di cui ci racconta la puntata in onda martedì), non sono mai state del tutto screditate.
De Gasperi era un pallino di Claudia Mori che è riuscita a contagiare pure Liliana Cavani. «All'inizio non volevo accettare questo film, mettevo De Gasperi nel gruppo dei democristiani e pensavo `lasciamo stare'. Poi leggendo la sua storia, i carteggi e grazie all'aiuto di sua figlia Maria Romana mi sono appassionata. Ora la politica è decaduta, De Gasperi ce la fa riamare, è una cosa che ci riguarda tutti, per lui la democrazia è partecipazione, la ama e ci crede». E in effetti l'uomo della speranza, con il volto di Fabrizio Gifuni, è un concentrato di cristianità, passione politica e buon senso. È un marito innamorato (la first lady è interpretata da Sonia Bergamasco) e un padre presente (quattro figlie, le vediamo seguire il feretro paterno in un'immagine d'archivio che chiude il film). Insomma quasi un santo. «Cercare i difetti, i conflitti del proprio personaggio è spesso una chiave per l'attore - spiega Gifuni - ma in questo De Gasperi non ne ho trovati». Liliana Cavani ha voglia di approfondire: «Non ho voluto rappresentare un uomo senza cedimenti e infatti nella prima puntata si racconta del suo tentennamento davanti a Mussolini: non si alzò insieme a Matteotti (la scena che costò la vita al parlamentare socialista è girata straordinariamente a Montecitorio, ndr) per denunciare i brogli e le violenze fasciste, nel 1922 De Gasperi votò la fiducia al governo, ci mise un po' a afferrare la natura del fascismo. Ma poi si oppose fermamente». E vediamo De Gasperi clandestino, perseguitato, in carcere, picchiato dalle squadracce, rifiutarsi di fare la tessera, opporsi persino alle pressioni del Vaticano. Queste scene non sono andate in onda ieri sera nella sala della Lupa di Montecitorio. La crisi di governo preme e l'anteprima per i parlamentari è stata decurtata del primo tempo. Casini può addirittura congratularsi con la regista.