METROVIE

LE ATTESE DEI MIGRANTI

PERMESSO DI SOGGIORNO
COLOMBO LUIGI,ITALIA/SALERNO

« O ggi nun è jurnata». Piove a Salerno. Alì non è una donna carina, magari dell'est, né tantomeno incinta o con bambini al seguito. Per lui la sala d'attesa è un gradino dell'entrata della Questura di Salerno. Per entrare negli uffici che si occupano di immigrati e delle pratiche di rilascio dei permessi di soggiorno dovrà attendere fuori. Anche se piove. Tre ore di estenuante attesa, prima che il solerte dipendente infastidito dalle continue richieste dell'immigrato si degni di una risposta. «Il permesso non è pronto. Torna fra qualche giorno». «Perché?» cerca di chiedere Alì. «Nun è jurnata, l'hai capito o no?» è la risposta più articolata che riesce a ricevere. Eppure è tanto, troppo tempo, che si attende l'esito di quella pratica. Sono passati più di sette mesi. Ma nulla. Nessuna spiegazione, nessuna giustificazione che tenti in qualche modo di far comprendere le ragioni di un assurdo ritardo che costringe un immigrato a diventare un fantasma, come dice lo stesso Alì. E non si tratta di un caso isolato. È la triste realtà della provincia salernitana, dove i tempi medi per il rilascio di un permesso di soggiorno sono di quattro/cinque mesi. Lui, 34 anni, viene dal Marocco. Per la nostra inchiesta è pronto a raccontare tutto, ma ci chiede di usare un nome fittizio. «Vengo già trattato male da queste parti. Ho paura che se poi capiscono chi sono rischio di dover abbandonare quest'attività». Comprensibile. Perché Alì non era a Salerno per il ritiro del suo di permesso di soggiorno. Si reca quasi quotidianamente alla Questura per conto di un'Ong di Sarno, un paesone di trentamila abitanti al confine con l'hinterland napoletano dove la presenza degli immigrati è molto forte. L'Asi - Associazione Solidarietà Internazionale vi opera dal 1992. Da circa quattro anni ha messo in piedi un centro per gli stranieri, prima in forma volontaria, ora riconosciuto e finanziato dalla Regione Campania, in un locale messo a disposizione dal Comune. Un bene della camorra confiscato all'ex boss Pasquale Galasso. Alì lavora lì. «Sono arrivato in Italia sei anni fa - racconta-. In Marocco avevo completato gli studi professionali in informatica e per due anni ho studiato alla Facoltà di Economia e Commercio». Poi la scelta di approdare in Italia, in cerca di sbocchi migliori. «Una volta qui ho fatto di tutto. Ero un irregolare, quindi trattato ancora peggio degli altri. Ho fatto il parcheggiatore abusivo, il bracciante agricolo, tutto».

Poi Alì conosce il presidente dell'Asi, Gabriele Bello, nel corso di un corso di lingua organizzato dal centro. Il feeling con Alì è immediato. Diventa il mediatore culturale della Ong e si occupa delle pratiche degli immigrati. Ma la realtà è tutt'altro che rosea. Nonostante sia rappresentante ufficiale di un centro riconosciuto dalla Regione per Alì non è facile recarsi in Questura. «Vengo trattato come un mendicante. Quando arrivi chiedi al poliziotto di turno di poter entrare. Lui filtra per te le informazioni. Chiedi del permesso di soggiorno. Dopo diverse ore ricevi la risposta che è quasi sempre la stessa: non è pronto. E nessuno ti dice il perchè». Rispetto alle altre province della Campania, a Salerno i tempi si allungano a dismisura. A Napoli, ad esempio, si stanno provando sistemi decentralizzati, demandando a qualche commissariato di zona l'incarico. I tempi ne risentono molto. In poco più di un mese puoi avere un permesso, se ovviamente tutto è in regola. A Caserta quaranta giorni sembrano più che sufficienti per sbrigare le pratiche. A Salerno, invece, quattro mesi possono essere solo l'inizio di un calvario. I motivi dei ritardi possono essere tanti. Una mole di lavoro notevole, che però non sembra maggiore delle altre province interessate, è senza dubbio uno dei motivi scatenanti. Poi il controllo della documentazione.

«Molto spesso - ci spiegano all'Arci Tam Tam di Salerno - abbiamo riscontrato molti problemi già nella fase iniziale, soprattutto per le ricevute Inps che dimostrassero il lavoro svolto per un rinnovo di permesso. Pochi pagano i contributi agli immigrati e diviene impossibile dimostrare l'opera prestata. Altre volte i datori di lavoro mettono in piedi storie assurde che rischiano di compromettere seriamente il soggiorno di un immigrato. Già risolvere i problemi con l'Inps spesso richiede mesi». Alì, in veste di mediatore culturale, si reca spesso per chiedere notizie sullo stato della pratica di altri immigrati che non possono recarsi a Salerno. «A volte ricevo notizie - dice - altre volte dopo ore di attesa mi viene detto che io non posso sapere lo stato di una pratica» perché, come disse un impiegato ad Alì, «qui in Italia, noi abbiamo una legge sulla privacy!». E lui pronto a mostrare, seppur senza ottenere risultati, la scheda che ogni straniero compila al centro di Sarno, con specifica autorizzazione per il trattamento di dati personali e la relativa delega per il mediatore ad agire in loro conto. Anche perché non è semplice per uno straniero che lavora recarsi ogni giorno in Questura a chiedere se la pratica è pronta.

Kaled, 30 anni, è in attesa di un permesso da diversi mesi. Il suo datore di lavoro l'ha già minacciato più volte di licenziamento: «Io non posso chiedere giorni di permesso per recarmi in Questura - racconta -. Quando l'ho fatto ho rischiato. Mi era stato detto che sarei stato licenziato se non avessi risolto questa questione al più presto. Lavoro in nero, al mio datore sta bene, e io ho paura di essere espulso». «Con questa situazione - ci dice Claudio Pagano, operatore dello sportello sarnese - anche noi non riusciamo a fare il nostro lavoro. Molti cittadini stranieri si sentono presi in giro. Si erano affidati a noi ma noi oggi non possiamo far altro che limitarci all'informazione socio-legale». Poi ci sono in casi in cui si sbaglia la pratica. Come è successo a Aicha, 43 anni, residente a San Valentino Torio con il suo bambino. Aveva ricevuto informazioni errate sulla competenza delle Questure. Così ha iniziato a vagabondare fra quella di Napoli e Salerno. «Andavo a Napoli e mi dicevano che il mio datore di lavoro era di Salerno quindi dovevo recarmi lì - spiega la donna. Solo che a Salerno mi dicevano l'esatto contrario. Alla fine ho prodotto la documentazione necessaria. Nel 2002 ho presentato la pratica. Dopo quasi un anno il mio permesso non era pronto. Quando poi si è trovata la pratica si è scoperto che il mio permesso non solo già pronto ma scaduto da due mesi. Ora sono ancora in attesa del rinnovo».

Casi del genere se ne verificano non solo nella zona nord della provincia ma anche a Sud, in paesi come Eboli, Sala Consilina. Il fenomeno è identico. È una fortuna avere già il permesso da queste parti. «La maggioranza dei nostri concittadini ha già il permesso ma per chi arriva in Italia e vuole restarci i problemi sono davvero troppi» conferma Amadu Wade, rappresentante della comunità senegalese a Salerno. La soluzione? Decentralizzare il servizio sembra essere la strada maestra da seguire. Informare i cittadini sullo stato della pratica è un obbligo a cui i funzionari dovrebbero attenersi. Intanto Alì, nel centro dell'Asi, continua a leggere le sue carte e le pratiche da fare. Tira fuori un commento, preso chissà dove ma perfetto per l'occasione: «L'immigrazione, come tutti i fenomeni sociali, se non viene governata finisce per governare se stessa creando tessuti sociali precari e senza legami, fondati sull'illegalità».

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