STORIE

Tutti pazzi per Ante Gotovina

CROAZIA
SCOTTI GIACOMO,CROAZIA

Questo non è il racconto dell'«eroe» croato Ante Gotovina, per la giustizia francese un pregiudicato, un criminale comune, diventato poi capitano nella Legione straniera e, richiamato in patria dal «supremo» Tudjman, nominato da questi generale nella «guerra patriottica» che portò alla pulizia etnica dei serbi in Croazia. Finì la carriera circa quattro anni fa, quando si diede alla macchia per non essere consegnato ai giudici del Tribunale internazionale dell'Aja secondo il quale si è macchiato dello sterminio di almeno 150 serbi in quella «Operazione Tempesta» dell'inizio di agosto 1995, alla quale presero parte anche alcuni «consiglieri militari» americani. Il mancato arresto di Gotovina da parte del governo di centrosinistra del socialdemocratico Ivica Racan e del successivo governo accadizetiano riformato di Ivo Sanader, ha fatto abbassare, come si sa, la rampa al passaggio a livello che separa la Croazia dall'Unione europea. Ma ripeto, questo non è il racconto di Gotovina, che era stato la guardia del corpo del mitico colonnello Philippe Erulin nella Legione e un fido spalleggiatore dell'estrema destra francese di Le Pen. Non è la storia di un uomo in fuga, privo di onore, che mette la sua pelle al di sopra degli interessi della patria, di un uomo che il quotidiano croato di Fiume Novi List ha denominato Ante Bin Laden ricordandone lo sporco passato di giovane avventuriero, sequestratore di persone e poi di legionario, un passato che fa di Gotovina più un «eroe» dei sottofondi di Parigi e delle foreste del Ciad che non dei boschi della Lika e della riviera dalmata.

Qui si parla, invece, della «Gotoviniada» croata, una specie di morbo contagioso, diffusosi grazie al neofascismo, che minaccia di isolare la Croazia dal resto dell'Europa. Qualche giorno addietro ho letto nelle cronache dei giornali croati che un prete cattolico dell'isola di Veglia, diventato famoso per certe «stimmate» grazie alle quali se ne vuole far un santo vivente, non soltanto ha ospitato Gotovina per un certo periodo ma in questi giorni gli ha inviato anche la sua benedizione. A Spalato, nel Palazzo Vescovile, è stato organizzato un «simposio» su Ante Gotovina. Qualche anno fa è uscito un libro sulla vita di Gotovina: la prima presentazione, con tanto di discorsi, è avvenuta in un convento dell'Erzegovina, forse presente lo stesso «eroe» in fuga. Giorni fa, lo zagabrese Jutarnji List ha pubblicato i risultati di un sondaggio su Gotovina: il 54 e passa per cento dei croati è contrario al suo arresto, l'81 e passa sostiene che Gotovina abbia conseguito meriti durante la guerra. Pur commettendo crimini contro l'umanità. E non qui finisce la «Gotoviniada». Il commentatore del giornale Novi List di Fiume ha scritto, qualche giorno addietro, che «Ante Gotovina ha ormai occupato la Croazia» con le sue foto. Gigantografie del più celebre latitante croato hanno coperto l'intero paese. I tappezzieri finanziati dai parenti e sostenitori del fuggiasco non stanno più di casa soltanto nella sua regione natale, il retroterra di Zara; la sua foto non giganteggia più soltanto nell'aula consiliare di Zara, nella quale il sindaco Davor Aras presiede le sedute tenendo all'occhiello il distintivo metallico con l'effige di Gotovina. I manifesti con l'immagine del fuggiasco eroe appaiono ogni giorno e ogni notte non soltanto nell'area dalmata di Pakostane, sui terreni privati dei reduci della guerra «patriottica» e dei neoustascia, ma anche nelle grandi città: Spalato, Zagabria, Fiume.

Sul muro del Santuario della Madonna di Tersatto, a Fiume, un giovane nostalgico del «duce» Pavelic ha esaltato con un'enorme scritta le stragi compiute dagli ustascia nella seconda guerra mondiale e quelle compiute nell'ex Krajina nella seconda metà degli anni Novanta dagli uomini di Gotovina, concludendo con uno slogan: «Impicchiamo i serbi!». Altrove, sempre a Fiume, si legge una scritta a caratteri cubitali: «Sono di nuovo qui, Ante Gotovina», firmato Hup, sigla del Movimento ustascia croato. A Spalato il presidente del Partito croato del diritto (così si chiamava inizialmente il movimento ustascia creato da Ante Pavelic, l'uomo che Mussolini pose alla testa dello «Stato indipendente croato») ha innalzato una gigantografia di Gotovina sulla facciata del barocco Palazzo Tartaglia, nel centro della città di Diocleziano: nessuno ha reagito, men che meno la polizia, per questo sfregio a un monumento della cultura sotto la tutela dello Stato.

Qui in Croazia, i cultori della violenza e delle stragi sono sempre targati «U». Ma il pesce puzza dalla testa: gli amici e protettori di Gotovina - scrivono i giornali croati - sono annidati nei servizi segreti e nel ministero degli interni. Una mezza dozzina di poliziotti sono stati radiati dal servizio la settimana scorsa per aver permesso a Zagabria una manifestazione «sportiva» antiserba con incendi di autobus, bastonature e ferimenti di ospiti giunti da Belgrado: il Novi List di Fiume ha scritto che quelle misure «non hanno toccato la testa che puzza».

Il fratello del generale ricercato ma protetto, Boro Gotovina, ha minacciato l'ex primo ministro Racan e l'attuale premier Sanader di «stare attenti a quello che può capitare ai loro figli». Minacce lanciate addirittura attraverso un giornale, il Hrvatski list, di estrema destra. Stranamente, mai finora la polizia è riuscita a sorprendere all'opera uno solo degli attacchini di Gotovina che pure operano a viso scoperto nel centro delle grandi città come nei paesi, quasi sempre a pochi metri di distanza dai commissariati di polizia.

La congiura filo-Gotovina dura ormai da quindici anni, e grazie ad essa, la Croazia è diventata ostaggio dell'«eroe». Della congiura fanno parte non soltanto alcuni circoli deviati dei servizi dell'intelligence croata, ma anche - stando a pubbliche voci - camerati francesi e dell'internazionale nera. Il britannico Guardian ha scritto che due anni addietro era cominciata un'operazione congiunta dei servizi segreti inglesi e croati, denominata «Cash». per la cattura di Gotovina: è fallita per una falla aperta volutamente dal controspionaggio croato con l'appoggio del settimanale zagabrese National. Si ricomincerà daccapo nelle prossime settimane? Una cosa è certa: soltanto la cattura di Gotovina potrà dimostrare il funzionamento dello stato di diritto in Croazia, soltanto la mano ferma contro il terrorismo neoustascia può assicurare la democrazia in Croazia.

La collaborazione con i criminali ustascia da parte di settori deviati dei servizi segreti dimostra, per ora, che le massime autorità croate non hanno ancora imboccato la strada della fermezza nell'operazione per la cattura di Gotovina. Per riconquistare la fiducia dell'Europa, il governo di Zagabria dovrà prendere finalmente in mano la scopa di ferro per far pulizia nei centri più delicati dei servizi di sicurezza, di quella Protuobavjestajna Agencija (Agenzia di controspionaggio) «la quale finora - citiamo Branko Podgornik del Novi List - invece di cercare Gotovina, ha spiato dietro le quinte coloro che gli davano la caccia», informando il ricercato e provocando il fallimento delle operazioni.

Oggi, un decennio dopo che la Croazia, per volontà del suo governo, rinunciò a punire i crimini di guerra compiuti durante e dopo l'«Operazione Tempesta» del 1995, dieci anni dopo che nei territori «liberati» cominciarono ad essere bruciate le case dei serbi e ad essere massacrati i serbi che non erano fuggiti (si cominciò l'8 agosto del `95 e si andò avanti con incendi e stragi per due anni), gli spiriti del passato perseguiteranno l'intera nazione.

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