La Cgil potrà aver commesso errori, come quelli attribuiti a Galapagos, ma ha fatto iniziative e analisi che hanno permesso a tutta la sinistra di trovare un orizzonte possibile. Lo sciopero generale indetto dalla Cgil sul declino non nasce da un bisogno di visibilità, ma da un'analisi della difficoltà del Paese e del tessuto produttivo. Possiamo discutere sugli strumenti più efficaci per uscire dalla crisi, come aumentare la domanda, come favorire l'intervento pubblico, come modificare la distribuzione o altro ancora, ma come non vedere che un aumento della domanda aggregata del paese può tradursi solo in un aumento delle importazioni e quindi della crescita economica per altri Paesi e non del nostro? Galapagos ha centrato il problema, così come Epifani. Proviamo a mettere in fila i problemi.
1) Non è vero che le imprese italiane non hanno investito negli anni passati. Rispetto alla Ue si registrano tassi doppi o comunque significativamente più alti.
2) Nonostante gli investimenti fissi più alti della media europea, l'Italia ha un pil che è da anni di 0,5 punti percentuali più basso della media europea.
3) Mentre l'Europa negli ultimi anni si è specializzata nei beni intermedi e di investimento, l'Italia si è piegata nei beni di consumo che hanno tassi di crescita della domanda mondiale pari alla metà di quelli intermedi e di investimento.
4) La domanda delle imprese nazionali fatta di beni di investimento e intermedi è sostanzialmente soddisfatta dalle importazioni. Si veda a questo proposito la bilancia commerciale nel settore ad alta tecnologia in relazione agli investimenti delle imprese.
5) Il sistema delle imprese ha già fatto tutto quello che poteva fare per comprimere i costi. Le scorte sono diminuite di 10 punti dal 1992 al 2003, mentre in Europa sono rimaste agli stessi livelli del 1992. Quando si dice che il sistema delle imprese tende a ridurre i costi si dice una mezza verità. Solo in Italia il processo si è spinto così avanti e occorre domandarsi se la specializzazione produttiva e la dimensione delle imprese non abbiano sollecitato questo percorso. Quindi, occorre evitare le generalizzazioni e l'assumere acriticamente riferimenti teorici per condizioni e contesti diversi; non l'avrebbero fatto né Marx né Keynes.
6) Il sistema delle imprese nazionali è una anomalia rispetto all'UE. Il cosiddetto lavoro cognitivo credo che valga solo per l'Europa, in Italia abbiamo solo la pantomima. Infatti, l'Ue ha recuperato il gap tecnologico dagli USA a partire dalla metà degli anni `90, mentre l'Italia si è allontanata; l'Ue ha quote di laureati e tecnici tra gli occupati che l'Italia si sogna.
7) Ogni investimento addizionale delle imprese nazionali è accompagnato da un forte aumento delle importazioni in ragione della specializzazione produttiva. E' bene ricordare che il commercio internazionale, almeno per i Paesi di area Ocse, si sta integrando attraverso i beni intermedi e di investimento, cioè i beni domandati dalle imprese. Inoltre, è opportuno ricordare che siamo in presenza di una domanda di sostituzione. È difficile credere ad un aumento della domanda nella misura necessaria per rilanciare i beni di consumo nazionali.
8) Galapagos non ha mai sostenuto che non serve una domanda adeguata. Semmai ha sollevato la questione di quale domanda stiamo parlando. Penso che occorra un intervento pubblico per generare innovazione per evitare che qualsiasi aumento della domanda si trasformi in aumento delle importazioni in ragione della specializzazione produttiva.
9) Siamo sicuri che un aumento della domanda interna significa più crescita per il Paese? Non significa, forse, più crescita per la Germania o la Francia?
Questi i vincoli che l'Italia deve affrontare: la politica deve coniugare lo sviluppo, la distribuzione del reddito, le politiche fiscali. La Cgil da tempo ci sta provando