VISIONI

Ma gli etiopi restano fuori dal party

LA PIAZZA
MANFREDI EMILIO ERNESTO,ADDIS ABEBA

Un traffico incredibile ha accolto Dereje alla sua uscita di casa, ieri mattina, a Maganagna, un quartiere molto popolare nella periferia di Addis Abeba, non lontano dal nuovo Bole International Airport. Un traffico a cui in città si è abituati solamente in occasione delle principali celebrazioni religiose, quando la gente si riversa in strada per recarsi, di buon mattino, a seguire le lunghe cerimonie nelle tantissime chiese di questa città. «Oggi però è molto diverso, tutta la zona di Meskal Square era chiusa, ho fatto molta fatica ad arrivare sino alle gradinate che chiudono un lato della piazza. Però adesso sono qui, contento, con i miei amici, non mi perderei questa giornata per niente al mondo. Abbiamo anche composto una canzone per l'occasione, volete sentirla?». E così Dereje, tredici anni, studente, intona, accompagnato dal battito delle mani dei suoi amici, una canzone in amarico in onore dei rasta e della famiglia Marley, qui giunta per celebrare cantando il sessantesimo compleanno dell'artista scomparso prematuramente. «Questa canzone parla dell'Etiopia e della Giamaica, dei rasta e della religione copta, di come siano simili e di come noi etiopici siamo legati ai giamaicani dalla stessa terra madre, l'Etiopia», insiste Nardos, che di anni ne ha 11, e che spesso accompagnava le strofe dell'amico con dei controcanti un po' urlati.

Assieme ai ragazzi, poi, balliamo ascoltando il sound system potente e perfetto di Stone Love. Purtroppo si vede poco. Infatti l'enorme piazza, rimessa a nuovo per l'occasione con una spesa di un milione e cinquecentomila dollari, secondo quanto dichiarato dal sindaco di Addis Abeba, è stata chiusa per oltre metà da una serie infinita di transenne, a formare una sorta di terra di nessuno tra chi fruiva del concerto gratuitamente (circa duecentocinquatamila persone, quasi tutte etiopiche), e chi invece aveva il passi per entrare nella zona vip, circa 2000 persone tra giornalisti, vip, o pubblico pagante. Lasciamo i giovani componenti della band accapella di Maganagna e ci muoviamo nella folla, fino a ridosso delle paratie. Qui, seduti e schiacciati uno contro l'altro, si ammassano decine di migliaia di abitanti della città, molti dei quali giovanissimi. Tra loro anche tanti ragazzi di strada accorsi a seguire l'evento in uno dei luoghi in cui solitamente chiedono l'elemosina, dormono, vivono. La loro casa all'aperto, insomma, da cui sono stati allontanati, da alcuni giorni. Ci guardano straniti, arriviamo dalla zona vip, all'inizio gridano e ci si fanno addosso come fossimo artisti. Allora un gruppo di poliziotti supera le inferriate e comincia a manganellare a caso, tra la gente. «Il mio stipendio mensile è di 200 birr (circa 20 euro, ndr), lavoro ogni giorno per pagarmi l'università, sono molto arrabbiata, pensavo che questo concerto fosse organizzato dalla Bob Marley Foundation per la gente dell'Etiopia, e invece siamo stati relegati lontano dal palco, come fossimo pericolosi». A parlare è Hewan, 21 anni, inglese perfetto, quasi laureata in Scienze sociali. «Chi c'è sotto al palco, a chi si stanno rivolgendo i cantanti nei loro discorsi sull'unità degli africani, sulla libertà, sullo sviluppo dell'Africa, sulla lotta all'Aids? Gli etiopi nemmeno li possono vedere, li hanno voluti fuori dal loro party. E a noi cosa interessa di Jah Rastafari? Lì sotto siete tutti bianchi o giamaicani, non si sono chiesti chi poteva permettersi, in questo Paese, di pagare cento dollari per stare vicino alla famiglia Marley?», incalza Ayush, una sua amica.

Nel pomeriggio era salita sul palco l'unica cantante di pelle bianca «accettata», in mezzo a mille polemiche, nella kermesse. «Ene Carmen negn, io sono Carmen, come state?» ha salutato in amarico l'artista siciliana all'inizio della sua performance. Dal fondo della piazza, in molti le hanno risposto divertiti. Molto più indifferenti sono rimasti invece alle sue canzoni, chiacchierando tra di loro e aspettando il clou della serata, la Marley family. Poi, intorno alle ventitré, sulle note di Africa Unite la serata si è conclusa. Migliaia a piedi o in fila per prendere l'autobus, pochi attesi dagli autisti a bordo di limousine.

Quasi stordita dalle molteplici promesse di cambiamento e di intervento, alla popolazione locale non resta che ringraziare per il nuovo fashion-look regalatole da Marley, e attendere pazientemente. Come del resto ha sempre fatto.

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