«Greetings, brothers and sisters, Jah, Rastafari. Abbiamo il privilegio di essere qui, ora, in questo palazzo costruito da Haile Selassie, il Re dei Re», dice Rita Marley appena presa la parola nel discorso inaugurale che ha aperto ieri, nella capitale dell'Etiopia, il mese di celebrazioni per il sessantesimo anniversario della nascita di Bob Marley. La kermesse si sta infatti svolgendo in queste ore nel Municipio di Addis Abeba, un palazzo fatto costruire appunto da Haile Selassie negli anni `50, e paradigmatico del legame tra rastafarianesimo giamaicano e Etiopia, poiché ha forma di una H nell'alfabeto amarico, proprio come l'iniziale del nome del Negus. La cerimonia ha visto finora la partecipazione anche dell'anziana madre di Bob, Cedella, di Danny Glover, arrivato dagli Stati uniti giusto in tempo per presenziare all'inaugurazione, e di diverse autorità locali. Tra queste, il sindaco della città, Arkebe Dokubai, che alla fine del suo discorso ha conferito la cittadinanza onoraria di Addis a Rita Marley. Il sindaco ha ripreso, nel suo discorso, parole tratte da canzoni dell'icona del reggae, utilizzandole per dichiarare che «in occasione del 60° compleanno dell'artista, gli africani devono unirsi, in tutto il mondo, e battersi per una rinascita dell'Africa, in memoria del sacrificio e delle sofferenze patite dagli schiavi durante la diaspora, dai Caraibi all'America. Questa è l'eredità lasciataci da Bob Marley, che ora dobbiamo raccogliere». Però nel palazzo, tra il buffet di lusso offerto dal catering dello Sheraton, le mille facce impomatate dell'Etiopia bene, i rasta giunti un po' da tutto il mondo e una schiera di telecamere e macchine fotografiche, i virtuali beneficiari di questa rinascita africana non c'erano. Con ciò alimentando un dubbio più volte ripropostoci in questi giorni da molti etiopi che abbiamo incontrato. Tra questi Tesfaye, che di mestiere fa il tassista e che oggi pomeriggio ci ha guidato nel traffico cittadino verso la City Hall. Ci ha raccontato che per lui questa è stata solo una giornata di lavoro più faticosa delle altre. E che ha sempre come fine ultimo il tentativo di mettere assieme i 5,6 dollari che guadagna quotidianamente. «Cosa porterà di buono alla popolazione etiopica tutta questa presenza di tutti questi ferenj, di stranieri, in città? Sapete spiegarmelo?» La domanda è rimasta lì, sospesa e senza risposta, assieme ai saluti. Ma si è ripresentata quando sono saliti, sul palco dell'auditorium all'interno dell'enorme edificio voluto dall'imperatore d'Etiopia, una quindicina di giamaicani rastafari che vivono a Shashamane, la terra donata da Selassie ai rasta dopo la sua visita in Giamaica. Tutti vestiti di bianco, una vera rasta family, con tanto di bambini ancora in fasce sul palco, hanno esordito cantando la famosa canzone degli Abissinians, Satta massa gana, che vanta diverse strofe in amarico. Sulle note soffici di un sax accompagnato da tamburi e da altri strumenti tradizionali, nell'aria si è levata una delle canzoni che più collegano il mito rastafari, e quindi tutto l'immaginario a cui Marley è legato, alla terra promessa e al mito del ritorno, all'Etiopia. Il cantante, inframmezzando le parole della canzone con invocazioni a «Haile Selassie, Jah Rastafari», ha innalzato il suo tributo, accompagnato dalla platea, ricordandoci che «questa è la terra dove voglio stare, per vivere in pace e in armonia; guardando il Libro della Luce vedrai l'Etiopia e Sua Altezza Hailé Selassie».
Fuori dall'armonia di questo auditorium, tra le luci appena montate ed accese proprio per l'occasione nella centrale Meskal Square, la piazza che ospiterà in grande concerto del 6 febbraio, si vede, come ogni altro giorno, assai poco di questo grande cambiamento che le canzoni di Marley ci hanno sempre prospettato. All'angolo con la Bole, la strada che va verso l'aeroporto, come ogni altra sera, quando viene buio, molte ragazzine aspettano un cliente a cui vendersi per pochi euro, mentre i bambini di strada lasciano le zone in cui di solito mendicano per andare a cercarsi un posto per dormire, stanotte come ogni altra notte. Africa, Unite.