Le difficoltà denunciate da qualche mese dalle imprese del distretto materano del mobile imbottito sono l'emblema della fragilità dell'industria regionale. E lo sono a maggior ragione se si considera che quello di Matera, a differenza della Fiat di Melfi, è il risultato di un percorso di sviluppo interno, ma che riguarda un comparto manifatturiero tradizionale che sul minore costo del lavoro (anche per l'assenza della contrattazione aziendale), sull'uso intensivo della manodopera e su una produzione orientata prevalentemente all'estero ha costruito la sua «capacità competitiva». Ma è davvero crisi? Alla fine di agosto del 2003, prima della ripresa produttiva autunnale, il settimanale economico della Gazzetta del Mezzogiorno, scriveva che «non si registrano al momento situazioni di crisi aziendale, fatta eccezione per il rallentamento dei mercati che è legato a motivi diversi. Le grandi realtà aziendali hanno ripreso con il programma di commesse in portafoglio e in vista delle produzioni per le fiere di High Point e Bruxelles».
In realtà alla ripresa del lavoro autunnale la Natuzzi, principale azienda del comparto, annuncia un piano di ristrutturazione che prevede la cassa integrazione per 415 dipendenti in conseguenza delle difficoltà di mercato (anche a causa del cambio sfavorevole euro/dollaro per le vendite sul mercato statunitense). Queste difficoltà sono tuttavia relative più alla riduzione degli utili che alle vendite. Nello stesso periodo l'Api di Matera diffonde un documento nel quale si evidenziano le ricadute negative che stanno interessando ormai da qualche mese le imprese dell'indotto. La parola «crisi» inizia, dunque, ad essere utilizzata dopo il ricorso alla cig da parte del principale gruppo industriale che è anche l'impresa leader del distretto. Per Vincenzo David, responsabile della Fillea/Cgil di Matera lo «spartiacque è il 2001, l'anno nel quale le imprese hanno raggiunto il massimo in termini di fatturato. Nel 2002 sono diminuiti gli utili, anche se erano cresciuti intorno al 10-15% rispetto l'anno prima, ma comunque della metà rispetto agli anni precedenti. Nel 2003 la riduzione ulteriore dei margini di guadagno è ciò che ha autorizzato le imprese a parlare di crisi».
La prima volta della cig
Il 29 novembre scorso presso il ministero del welfare è stato fatto il punto sull'utilizzo della cig alla Natuzzi. Il numero di addetti attualmente interessato dal provvedimento è passato dagli iniziali 415 a 340 anche se ora la cig interessa solo un centinaio di lavoratori, una riduzione resa possibile da quando l'azienda ha cominciato ad internalizzare alcune attività in precedenza affidate all'esterno, utilizzando parte del personale collocato in cassa. È quanto accaduto per i lavoratori della Global Service di Bari, che si occupavano fino al luglio scorso della logistica dello stabilimento Soft Cover di Matera. La vertenza, anche dopo azioni di blocco dei cancelli dello stabilimento, si è conclusa con il licenziamento (senza nessun ammortizzatore) dei 40 dipendenti, per la maggior parte pugliesi. Attualmente sono ritornati in produzione anche lavoratori precedentemente collocati tra gli indiretti in seguito al riconoscimento di ridotte capacità lavorative. Nei giorni recenti nuovi problemi sono venuti dal fallimento di uno dei principali distributori commerciali inglesi di divani, la Courts Forniture, alla quale fanno riferimento alcune aziende del distretto, come la New Interline che ha espresso ai sindacati l'intenzione di ricorrere alla cig per 120 dei 450 addetti. Si tratta di un dato più preoccupante perché quello inglese era considerato fino a pochi mesi fa un mercato in espansione, tanto che nel 2003 ha superato quello statunitense come volume delle vendite. Se finora le produzioni allocate all'estero sono quelle del segmento basso, la prospettiva è che nel breve futuro qui possano essere allocate anche le produzioni delle linee a più alto valore aggiunto. In realtà, fatta eccezione per la New Interline, non vi è stato finora nessuna pesante riduzione degli organici nelle principali aziende, quanto un arresto delle assunzioni a partire dal 2001.
Nel caso della Natuzzi, come afferma un lavoratore di uno dei due stabilimenti materani del gruppo, «quello che si è ridotto è il ricorso allo straordinario, mentre l'azienda ha cercato di rivedere il sistema incentivante cercando di ottenere un aumento della produttività che però è difficile da raggiungere perché i lavoratori hanno ormai già dato il massimo, prova ne è l'aumento di quelli che ricorrono a fasce elastiche di ogni genere per fare fronte ai dolori muscoli-scheletrici». Si è inoltre fatto più pesante il clima interno alle aziende per la paura di essere collocati in cassa integrazione o licenziati. Per questo, secondo il lavoratore, «l'azienda ha cominciato ad introdurre una divisione tra dipendenti che svolgono diligentemente il loro lavoro e che mostrano di essere particolarmente affezionati, e quelli che, pur dando il massimo, non sono affezionati e caso mai hanno anche qualche impedimento fisico che gli impedisce di essere produttivi come i primi». Inoltre con l'avvio del processo di delocalizzazione l'azienda ha provveduto a modificare anche il premio d'incentivazione, ma non «in direzione della ricerca della qualità, ma della maggiore produttività».
La vera crisi è nell'indotto
Diversa la vicenda dell'indotto poiché, in questo caso, si è ridotta la quota di lavoro realizzata dai conto lavoristi o questi sono stati sostituti dall'impiego di lavoratori cinesi presenti sul territorio del materano da qualche anno. Ciò è particolarmente evidente per la Nicoletti che ha sostituito così buona parte dei suoi conto terzisti, come la Lts (15 dipendenti) che ha chiuso un anno fa. Non si può escludere, tuttavia, che le «imprese» cinesi lavorino anche per altre aziende, considerato che la loro produzione è di fatto a «ciclo continuo». In altri casi alle aziende dell'indotto è stato chiesto di eseguire lavorazioni in precedenza interne agli stabilimenti dei committenti: così le aziende che forniscono il fusto in legno alla Natuzzi devono effettuare adesso, allo stesso prezzo, anche la cinghiatura. L'altro segnale evidente della crisi che colpisce l'indotto per Angelo Cotugno, segretario provinciale della Cgil di Matera, è il blocco del credito alle piccole e medie imprese del settore. Che la situazione non sia positiva lo conferma anche l'Api di Matera, che nel corso degli ultimi mesi ha proceduto alla firma di 6 accordi di mobilità per imprese conto terziste per circa 200 dipendenti. Oggi afferma Franco Stella, direttore dell'associazione, «le aziende che lavoravano con scadenze 4-6 mesi, sostengono di non poter programmare oltre le 4 settimane, con tutto quello che ne consegue per le aziende dell'indotto».
Se Stella, per quanto riguarda le soluzioni, ritorna su temi ormai fatti propri anche dagli industriali come l'innovazione e la ricerca, per quanto riguarda l'evoluzione del mercato a breve, ritiene invece che ci sia da attendere nei prossimi mesi una riduzione della capacità produttiva del 25%. Ecco allora un elenco di richieste, che parte come sempre dal costo del lavoro eccessivo (quota Inps), al sostegno alle partecipazioni fieristiche, ai finanziamenti per la ricerca e l'innovazione e alla commercializzazione, mentre si giudica positivamente la recente legge regionale di sostegno all'innovazione e quella che rende disponibile attraverso una misura del Por regionale un fondo di garanzia di 6 milioni di euro sul credito bancario per le Pmi. In questa situazione alcuni parlamentari del centro sinistra, all'inizio di dicembre, hanno presentato alcuni emendamenti al disegno di legge finanziaria, nei quali si chiede di riconoscere alle imprese, che svolgono attività produttiva di fornitura o sub-fornitura di componenti e altro all'interno del distretto, la possibilità di utilizzare in materia di cassa integrazione ordinaria le disposizioni introdotte in favore del settore automobilistico dalla finanziaria 2003.
Il sindacato
Sul piano sindacale qualcosa si è mosso di recente con l'elezione delle prime Rsu, anche se sulla base di liste unitarie tra i tre sindacati di categoria di Cgil Cisl e Uil. Sono stati così eletti 25 delegati tra gli stabilimenti Natuzzi, New Interline e Manifattura Italiana Divani (gruppo Calia), mentre altri 16 dovrebbero essere eletti tra gli stabilimenti Nicoletti e Calia. Se si comincia dunque a recuperare un ritardo nella rappresentanza sindacale (ritardo che ha evitato in tutti questi anni di avviare la contrattazione di secondo livello) l'elezione delle RSU rappresenta un primo passo in avanti in considerazione di un tasso di sindacalizzazione inferiore al 10% ma di un'affluenza al voto in media del 60%. Il clima di incertezza recente ha avuto però effetti non positivi sulle mobilitazioni sindacali. Un dato evidenziato dalla minore adesione allo sciopero generale del 30 novembre, che in Basilicata è stato di 8 ore per le situazioni di crisi industriale, a differenza di quello del 6 maggio scorso a sostegno del rinnovo dell'apposito contratto di categoria.
Università di Salerno/CREL Basilicata