CULTURA

L'interpretazione tra psicoanalisi filosofia, letteratura

CONVEGNO A NAPOLI
MARTINELLI NICOLETTA,ITALIA/NAPOLI

Partite da Trieste - città a cui sono fortemente legati, se non proprio gli inizi, certamente i primi più decisivi impulsi alla diffusione della psicoanalisi in Italia - le giornate di studio dedicate al cinquantenario della Rivista di psicoanalisi toccano oggi Napoli e avranno come tappa finale Roma, ai primi di dicembre. Le pubblicazioni delle Rivista cominciarono all'inizio del 1955 per iniziativa di Cesare Musatti, dopo che una precedente Rivista italiana di psicoanalisi, fondata a Roma da Edoardo Weiss nel 1932, dopo solo due anni fu costretta dalle autorità fasciste, su pressione delle gerarchie ecclesiastiche cattoliche, a chiudere senza nemmeno poter distribuire in libreria gli ultimi due numeri stampati. Oltre a un convegno, la giornata triestina ha previsto la proiezione di un video di Mario Rizzarelli sulla Vienna di Edoardo Weiss, primo a praticare la psicoanalisi in Italia a partire dal 1918, e l'inaugurazione di una mostra documentaria, curata da Anna Maria Accerboni Ravanello alla Saletta Mostre del Teatro Verdi di Trieste. Mentre l'iniziativa del Centro veneto di psicoanalisi è stata l'occasione per ripercorrere inizi e fasi della storia della Rivista, l'appuntamento napoletano sarà votato a indagare I luoghi della interpretazione, con interventi - tra gli altri - di Agostino Recalbuto, Nestore Pirillo, Pierluigi Rossi, Felice Cimatti e Sarantis Thanopulos. Se è ovvia l'importanza della scrittura per la trasmissione, la divulgazione e la stessa costruzione di una disciplina scientifica, è ancora più decisiva per la psicoanalisi, che oscilla tra racconto orale e scrittura dei casi clinici, tra ricostruzione di una verità storica e costruzione di una corenza narrativa, affidata all'esercizio della interpretazione.

Spesso considerata una scienza di confine, la più scientifica delle discipline umanistiche e la più umanistica delle discipline scientifiche, la psicoanalisi è nata, più ancora che come una talking cure, come una writing cure. Essa germogliò infatti letteralmente in un medium di scrittura: gli incessanti e innumerevoli scritti scientifici, epistolari, autoanalitici del suo fondatore. E non poteva essere altrimenti se, come è stato spesso rilevato, lo stesso dispositivo della scrittura ha qualcosa di intimamente comune con quello instaurato dalla situazione analitica, già per il solo fatto di creare una relazione del tutto peculiare con se stessi, collocando chi scrive in margine ai propri pensieri. Lo scritto, notava infatti Freud, è in origine il linguaggio dell'assente. E la interpretazione - di cui oggi si parlerà al convegno napoletano - sia essa rivolta a testi artistici, filosofici, o al racconto di sé degli analizzati, è un momento imprescindibile, che non necessita di mobilitare una intenzione, perché governa in ogni istante la naturale attitudine della mente umana verso ogni oggetto che colpisca le nostre percezioni.



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