VISIONI

Il jazz che ha bisogno di «Controindicazioni»

ONORI LUIGI,ROMA

Una figura ha caratterizzato la 18ma edizione di Controindicazioni (22-24 ottobre), rassegna nata da un'idea visionaria e antagonista di Mario Schiano: è il 63enne trombettista, compositore e performer Wadada Leo Smith. Il musicista afroamericano ha suonato in solo e con il Rara Ensemble ma la sua presenza carismatica si è avvertita durante l'intero festival. Pronto al dialogo con tutti - artisti, addetti, pubblico - Smith ha comunicato in senso ampio una filosofia sonora dai vari punti di contatto con quella di Controindicazioni: si concretizza in una musica con il jazz nei suoi cromosomi (in particolare il free) ma che sconfina nella musica contemporanea, oscillante tra totale performatività e composizione, aperta a incontri e apporti esterni innestati, però, su una robusta radice afroamericana. Nel suono della sua tromba, peraltro, c'è tutto il jazz ma nelle lunghissime e atemporali note tenute si va oltre ed altrove. Un'altra figura è stata presente, nelle parole di chi gli è stato vicino e di coloro che hanno imparato dalla sua arte: Domenico Guaccero (1927-1984). In un anno in cui (finalmente) il compositore e musicista viene ricordato nella sua complessità di artista e intellettuale militante, Controindicazioni gli ha dedicato un incontro incentrato sul suo rapporto con l'esperienza dell'improvvisazione negli anni `70, quando incrociò il proprio percorso con quello di Mario Schiano. Oltre le parole, nastri registrati dal musicista hanno costituito la base per la performance - solitaria e di gruppo - di Elio Martusciello, Sabina Mayer e Toto Pilato.

Con questi due numi tutelari, Controindicazioni ha vissuto un'edizione che ha coniugato alla tradizionale qualità del cartellone un formidabile successo di pubblico. Merito del luogo (il club La Palma, fortemente connotato come sito jazzistico), dell'associazione che organizza il festival, di quanti hanno collaborato (Ambasciata Reale dei Paesi Bassi, Fonds voor de Podiumkunsten, Netherlands Culture funds, RadioTre) e solo in parte del comune di Roma (la rassegna ha avuto un taglio nei fondi).

La gratuità dei concerti, tuttavia, non spiega il successo, dovuto piuttosto a un'intersezione tra bisogni e proposte di radicalità sonora e di autenticità musicale: non si vedeva tanto pubblico a un solo - quello di Smith - forse dagli anni '70!

Le realtà più interessanti emerse vedono la presenza di musicisti italiani più o meno quarantenni, come in un passaggio di testimone. Il trio con Pasquale Innarella (sax soprano e tenore), Roberto Bellatalla (contrabbasso) e Michele Rabbia (batteria e percussione) ha evocato la Musica degli Angeli: un riferimento ad Albert Ayler per l'omaggio di Innarella a una serie di brani/artisti che hanno segnato la sua formazione. Il repertorio prevede Ayler, Archie Shepp, Anthony Braxton, Eric Doplhy e l'Art Ensemble of Chicago di Odwalla. Le riletture sono affettuose ed eversive, pregne di gestualità/ritmicità che Bellatalla e Rabbia rendono esplosive mentre il sassofonista esalta i temi e li destruttura nell'improvvisazione. Il Rara Ensemble (Giancarlo Locatelli, clarinetti; Alberto Braida, piano; Gianfranco Tedeschi, contrabbasso; Fabrizio Spera, batteria) ha accolto la tromba di Wadada Leo Smith in un intenso set di quasi un'ora. Formatosi nel blues, cresciuto nell'avanguardia tra Chicago, Parigi e New York (oggi vive in California), il trombettista ha creato con gli ispirati partner italiani brani ora convulsi e centrifughi ora assorti, in un complesso intersecarsi di polifonie.

Nel solo, a parte un poco felice episodio con l'elettronica, Smith ha messo in mostra la pensosità lineare di un Miles Davis e il passionale lirismo di un Booker Little, alternando lo strumento a campana aperta e le sordine. È riuscito, con il nudo afflato della sua tromba, ad ammaliare centinaia di spettatori.

Altri tre gruppi hanno completato la rassegna. Il quartetto olandese Sound Lee (con il pianista Gus Janssen e l'altista Jorrit Dijskra) ha scandagliato il repertorio di Lee Konitz e Lennie Tristano, dandone una versione poco calligrafica per quanto fedelissima all'originale. Il rodato gruppo Mujician, guidato da Keith Tippett (con gli ottimi Paul Dunmall e Paul Rogers), ha inondato come un torrente in piena l'uditorio di una musica ricca di dinamiche e sempre cangiante, strutturata in modo rigoroso quanta aperta al solismo collettivo e individuale. Prevedibile l'esibizione del trio New Flags, dove alle ance volutamente rumoristiche di Wolfgang Fuchs, al percussionismo noise di Roger Turner si è unito il gouhzxeng (cordofono cinese) di Xu Feng Xia: la sua voce e l'ironia surreale di Turner hanno movimentato il recital.

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