Per conoscere meglio la poesia contemporanea, varrebbe forse la pena provare a tracciarne un percorso che privilegi, come filo conduttore, non tanto i libri pubblicati, quanto le manifestazioni - ormai sempre più numerose, in Italia e all'estero - che prevedono la presenza fisica dei poeti sulla scena e la lettura pubblica dei testi. E questo servirebbe, più che a rendere omaggio all'elusivo «pubblico della poesia», a mettere in evidenza come la ritrovata dimensione sonora del testo poetico ne abbia, negli ultimi anni, certamente plasmato le forme, molto più di quanto sia avvenuto all'interno della tradizione novecentesca, quasi sempre saldamente ancorata alla pagina scritta. Inoltre, i reading, ma più ancora i festival, rappresentano un momento importante di incontro fra i poeti, e quindi di potenziale fecondazione reciproca: sarebbe interessante, per esempio, confrontare, nello scorrere degli anni, il programma del festival internazionale di Rotterdam (che, giunto nel giugno 2004 alla sua trentacinquesima edizione, è un po' la «madre» di tutte le grandi kermesses poetiche) per scoprire gli incroci visibili e gli effetti sotterranei derivati da quelle letture collettive.
E proprio nei confronti e nelle contaminazioni ha sempre trovato la sua principale ragion d'essere uno dei maggiori festival italiani, RomaPoesia, che si tiene in questi giorni, e fino ai primi di novembre, all'Auditorium-Parco della Musica di Roma e in diverse altre sedi della capitale. Chiave della manifestazione è infatti, in un certo senso, la sua discontinuità, il tentativo, anno dopo anno, di individuare approcci diversi a quello che significa «fare poesia» oggi: così è stato nel 1999 per quel singolare esperimento di «opera-poesia» che alla vigilia del millennio si è intitolato Laboratorio Apocalisse, e lo stesso si può dire delle diverse vetrine internazionali, che hanno di volta in volta portato a Roma poeti dalla Russia e dal Brasile, dal Giappone e dall'Africa subsahariana, al quale vanno aggiunti gli affollati poetry slams, gare poetiche che hanno appassionato tantissimi giovani e hanno attirato le critiche di molti, che dimenticano come le tenzoni a suon di versi non siano un'invenzione della nostra epoca. Quest'anno, l'ottavo dalla nascita del festival romano, l'attenzione è puntata - più ancora che nelle precedenti edizioni - sulla sonorità della parola e sul rapporto fra poesia e musica. Non a caso, il titolo della lettura-concerto di stasera è Le grandi narrazioni e vedrà sul palcoscenico della sala Sinopoli dell'Auditorium l'incontro di due fra i maggiori poeti contemporanei, Adonis e Natan Zach, cui si affiancheranno gli italiani Mariangela Gualtieri e Aldo Nove, e il gruppo di Rabih Abou Kahlil. Assolutamente coetanei (Adonis - nome d'arte di Ali Ahmad Said Esber - è nato in un villaggio siriano nel 1930, lo stesso anno in cui è nato a Berlino, da padre tedesco e madre italiana, Natan Zach, che si è trasferito da bambino in Israele), i due autori hanno compiuto, l'uno nella poesia araba, l'altro nella poesia ebraica, un percorso parallelo, un'opera di rinnovamento che li accomuna e che dovrebbe rendere il loro confronto sulla scena particolarmente intenso.
Ancora intorno al tema centrale di un confronto, armonico o anche volutamente dissonante, si era svolta del resto la giornata di ieri con la presentazione del primo festival di videoclip di poesia, «strano mix di sciamanico e cibernetico», e in serata, con il concerto Identità selvagge di Luigi Cinque e la performance di Jalal Nuriddin («the grandfather of rap», il nonno del rap). Mentre si intitola Il ritmo del canto la serata di domani, che vedrà una compresenza in scena di poeti assai diversi fra loro come Nanni Balestrini, Carlo Bordini e Lello Voce, insieme a musicisti da sempre molto attenti alla sonorità della parola, da Raiz a Peppe Servillo e Fausto Mesolella degli Avion Travel, dagli Alter Ego ai Camerata Nova. E la live poetry night si chiuderà con una lettura-concerto dei Last Poets, un gruppo di poeti-rapper che si è formato nel Sessantotto, poco tempo dopo l'uccisione di Martin Luther King.
Ma già RomaPoesia mira a nuovi incontri, a nuove possibili congiunture: in una tavola rotonda pubblica che si è tenuta ieri alla Casa della Letterature i rappresentanti degli istituti di cultura attivi a Roma hanno provato a mettere insieme un quadro della poesia «nuova e nuovissima» nel mondo, dalla Francia al Canada, dalla Romania alla Germania. L'obiettivo infatti, per il 2005, è di dedicare la nona edizione del festival alla generazione più giovane dei poeti, quella che potrebbe rivoluzionare il panorama attuale. E la manifestazione ha già un titolo, che si può leggere, a scelta, come solenne o autoironico: gli Stati generali della poesia.