VISIONI

Spoleto, tutti matti per «L'italiana in Algeri»

CEPOLLARO ANNA,SPOLETO

«Era sin troppo facile prevedere che una stagione con titoli come La Bohème, Traviata e, seppure in misura diversa, L'italiana in Algeri, ottenesse un grande successo di pubblico», racconta Michelangelo Zurletti, direttore artistico della stagione del Teatro Lirico Sperimentale Adriano Belli di Spoleto, giunta alla sua 58ma edizione e conclusasi nei giorni scorsi. «Il tutto esaurito fa sempre piacere e per noi è raro. Dispiace un po' che questa serie di titoli potrebbe anche far pensare a un'intenzione di puntare su un cartellone nazional-popolare. In realtà, le cose si presentano così, ma nascono con motivazioni diverse. La Traviata non era progettata nella stagione di Spoleto, ma, sull'onda dell'esecuzione dell'altro anno e della tournée in Giappone, era prevista per un giro nell'Umbria. La Bohème è stata programmata perché si pensava di utilizzare un Palatenda (il nostro teatro è chiuso per restauro). Abbiamo creduto che, per far affluire il pubblico in una sorta di circo, e in più in una zona un po' emarginata da Spoleto, fosse indispensabile 'sparare' Bohème. Alla fine ci troviamo con tre titoli molto accattivanti, mentre di solito le nostre stagioni propongono almeno un'opera poco frequentata». Questo il consuntivo espresso nella conferenza stampa a conclusione di una stagione che ha avuto il suo momento più vivace con la messinscena ideata dal regista Giorgio Pressburger per L'italiana in Algeri di Rossini. Tappeti festosamente sporgenti dai palchi, cappello a la turca in testa agli orchestrali, cous cous servito nell'intervallo, tutto ha contribuito a sottolineare il progetto di fondo di Rossini dell'allusione, della citazione sonora parodiata e ammiccante. Anche di quel sentimento patriottico, ironico eppure di grandissimo effetto, che il regista e il suo assistente dalle belle trovate Gianni Marras, hanno evidenziato con bandierine verdi, bianche e rosse distribuite in sala. E mentre Isabella (Tullia Maria Mancinelli) sul palco intonava «Pensa alla patria», rivelando dignità e statura morale, si è sentita la scintilla patriottica serpeggiare, seppur nascosta e composta. Belle tutte le voci, tra cui quelle di Francesco Verna (Mustafà), di Silja Schindler (sua moglie Elvira), di Silvia Pasini (Zulma), di Helios Pardell (il giovane schiavo italiano Lindoro) e di Nicolò Ayroldi (Taddeo, lo spasimante di Isabella). L'Orchestra del Teatro Lirico Sperimentale, diretta da Igor Dohovic, ha dato una buona prova di insieme, mentre complice dell'atmosfera esotica e turchesca per scene e costumi è stato Davide Amadei.

Nella risposta divertita e curiosa del pubblico è da cercare forse la ragione della pressante richiesta di repliche dello spettacolo, che potrebbe diventare quello di punta della prossima stagione regionale, mentre già sono in corso le trattative per esportarlo nei teatri del Sol Levante e in Ungheria. Viene, insomma da pensare, che, se non altro, la sperimentazione e l'originalità della realizzazione di quest'opera hanno fatto da contraltare all'eccessiva popolarità delle altre in programma. E, seppure per pigrizia la gente preferisce vedere cose che già conosce, anziché cose nuove, certamente il trampolino di lancio per le giovani compagnie di cantanti che ogni anno lo Sperimentale presenta al pubblico ha funzionato. D'altronde, è la storia de L'italiana in Algeri a essere accolta con grandissimo favore. Fin dalla sua prima rappresentazione al Teatro San Benedetto di Venezia nel 1813, quando il pubblico invitò i cantanti a bissare quasi tutti i pezzi. Tanto che lo stesso Rossini ne fu meravigliato: «Ora sono tranquillo. I veneziani sono più matti di me», esclamò.

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