EUROPA

L'inquieto cuore europeo

GERMANIA
CASTELLINA LUCIANA,GERMANIA

Che la Spd fosse in caduta libera lo si sapeva già da molto tempo: lo avevano dimostrato tutte le ultime elezioni regionali e comunali dove le sconfitte, anche in storiche roccaforti «rosse», sono state clamorose. Il fatto nuovo di questa tornata elettorale per i due lander della Germania est, è che ora perde anche la Cdu. E altrettanto clamorosamente. Vuol dire che un po' di gente ha capito che, se è vero che il taglio della spesa sociale operato dal governo Schroeder è pesante - e infatti ha indotto manifestazioni di protesta senza precedenti - quello che opererebbero i democristiani rischierebbe di essere ancora più pesante. A perdere sono ormai dunque ambedue i grandi partiti tedeschi, quelli che, pur con variabili alleanze, hanno governato insieme a livello federale e tuttora in molte regioni (compreso il Brandeburgo) o si sono alternati e però ambedue rispettando il famoso «modello renano», il welfare più forte del mondo. Avere colpito e minacciato questa storica conquista del movimento operaio tedesco è un peccato che non si fa perdonare.

L'affermazione dei partiti di estrema destra è certo preoccupante, ma continua ad apparire come una manifestazione di protesta più che come un consolidato spostamento a destra: la loro presenza nella vita politica tedesca è stata fluttuante, appaiono e scompaiono, e a dimostrazione del loro scarso radicamento sta il fatto che ottengono, anche questa volta, meno sostegno nel primo voto (quello per il candidato a livello di circoscrizione) che nel secondo (quello per la lista di partito a livello di land): segno di mancanza di leader e di organizzazione.

Fluttuante è del resto un po' tutto il voto della Germania est, perché qui i partiti storici dell'Ovest non hanno radici. Basti l'esempio della Sassonia, dove solo pochi mesi fa, nel voto per il parlamento europeo, la Spd aveva preso intorno al 30 per cento, e ora raggiunge solo un miserrimo 9,8. Così si spiega anche la irrilevanza dei partiti più piccoli, dei liberali e anche dei Verdi, che pure a ovest hanno conosciuto in questi ultimi tempi molta più fortuna dei grandi.

Il solo vero partito rappresentativo della Germania est resta la Pds: che è forte da tempo e forte resta. Un partito, questo, che ha poco a che vedere con quello descritto dai media italiani: se è vero che un po' di vecchi pensionati dell'era di Honecker lo votano per nostalgia, è vero che da anni la sua leadership è giovanissima, e assai lontana dalla cultura tradizionale comunista. Se essa è popolare non è solo perché si tratta del solo partito che sa interpretare la specificità storica, sociale e culturale della Germania orientale, ma anche perché non è al governo federale, né lo era là dove si è votato e dunque non subisce l'ondata critica che investe il sistema politico nel suo complesso. E però anche la Pds rischia: a Berlino dove invece è entrata con i socialdemocratici nell'esecutivo, già ha subito abbandoni dolorosi. E' anche per questo che per ora, nel primo colloquio avuto con la Spd circa il prossimo governo nel land del Brandeburgo, a tentennare rispetto a una ipotesi rosso-rosso non sono stati i soli socialdemocratici, fra i quali continuano a esserci coloro che preferiscono la grande coalizione con la Cdu, ma anche gli stessi pidiessini. Poiché, pur smaniosi di legittimazione, per loro la priorità è oggi rientrare nel parlamento federale nel 2006, da cui sono rimasti esclusi per una manciata di voti nel 2004, preferiscono non bruciarsi con una pericolosa esperienza di convivenza con «l'infetta» Spd in una regione così visibile come il Brandeburgo.

Queste elezioni indicano che, stanti gli attuali risultati, è assai improbabile che dopo la prossima consultazione politica, si possa formare a livello federale una qualsiasi coalizione: Cdu e liberali non sembrano poter infatti più ottenere una maggioranza, ma così è anche per i rosso verdi. Anche la stabile Germania è ormai investita da una rischiosa instabilità, che la crisi è destinata ad accentuare: la speranza è che la protesta venga raccolta a sinistra, dove da qualche tempo si parla di un nuovo partito, e non dalla destra, che a est si è riaffacciata.



Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it