VISIONI

Il Tai Chi tra le passeggiate romane

SILVESTRI SILVANA,ITALIA

China Town a Roma si chiama piazza Vittorio. Qui, nel quartiere Esquilino c'è la maggior concentrazione di popolazione cinese, negozi e ristoranti, abiti, oggettini e cibo, ma per lo più è visto come un mondo separato e lontano: questa distanza è stata colmata dal primo docufiction della serie il Mestiere di vivere che ieri sera su Raitre ha inaugurato le nuove quattordici puntate. Titolo: Un cinese a Roma con la regia di Gianfranco Giagni, prodotto dalla Pasodoble di Giuliana Del Punta. Il protagonista è un raffinato intellettuale, Li Xiang Yang, uomo di cinema diplomato al Centro Sperimentale (lo abbiamo visto di recente come attore in Agata e la tempesta di Soldini) che a Roma cerca di seguire il suo sogno fatto di immagini e, in questo caso, con il pretesto di cambiare casa ci accompagna attraverso la sua comunità, tra portici, agenzie e negozi. Defilato dal facile clamore di chi insegue la popolarità, ha incontrato non a caso un'altra cineasta altrettanto austera e zen, la fuoriclasse Giorgia Cecere con cui sta scrivendo una sceneggiatura, interessante scena sul lavoro e la definizione dei confini. Mentre l'artista deve cambiare casa (ne cerca una di non più di 25 mq, non serve di più) e difende il suo diritto alla solitudine, espande la sua coscienza con gli esercizi di Tai chi chuan e ci comunica alcuni insegnamenti per non soccombere nella grande città («quando est non è luminoso c'è ovest, quando il nord è oscuro c'è sempre il sud» motto che dalla saggezza orientale potrebbe passare direttamente alle agenzie immobiliari o di viaggi). Basta beninteso che non sia in zona Casilina, gli fa notare un amico «dove ci sono troppi stranieri». La comunità cinese intorno a lui appare in costante movimento e vivacità: l'amico artista così integrato da essere più simile a un italiano, ma consapevole del fatto che non sia così facile «esistere e resistere» in Italia, l'aspirante attore già chiamato a fare qualche comparsata che, lo assilla per trovargli una parte: dopo aver fatto tutti i lavori «tranne il proprietario» è diventato specializzato come presentatore ai matrimoni, coloratissime cerimonie dove si ricordano le antiche usanze ma soprattutto ci si sbizzarrisce nella festa dove qualcuno canta perfino con sound disinvolto i vecchi canti rivoluzionari («il presidente Mao è il sole luminoso»). E, nonostante la Cina di Mao, nei soggiorni romani, sono sempre le donne che apparecchiano la tavola e i mariti restano in poltrona a guardare la tv: la tradizione cinese si tramanda forse anche così, ma soprattutto attraverso lo studio della lingua che ormai non tutti i ragazzi nati a Roma conoscono, e che studiano sotto l'insegnamento di una professoressa molto stimata dalla comunità. Il film ci fa conoscere la troupe in continuo movimento del canale tv cinese e ci fa entrare nella redazione di uno dei due giornali di lingua cinese in Italia, «Tempo Europa Cina», ottomila copie di vendita in costante aumento. Non si parla qui di sottobosco, mafia, case chiuse, schiavismo, tutti fatti che la stampa riporta di tanto in tanto, ma si mettono un po'di sottotitoli al difficile linguaggio e si lancia un ponte tra due culture che un tempo non erano così lontane, grazie anche all'Associazione Italia - Cina. O almeno così si pensava. Oggi quello che si vede intorno è soprattutto l'imprenditorialità al lavoro. La «Pasodoble» ha pronte altre tre puntate per Il mestiere di vivere, dedicate alle donne di Capo Verde e firmate da Costanza Quatriglio (L'isola) in onda prossimamente.

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