METROVIE

ARRIVANO I PUNK QUEI RAGAZZI CON LE DITA NELLA CORRENTE

D'ELIA LAVINIAITALIA/NAPOLI

E roina fascisti e polizia dai nostri quartieri vi spazzeremo via! Era lo slogan di noi punk negli anni 80. Oddio non è che c'era tutta sta scena a Napoli, ma funzionava. In realtà la scintilla che diede vita al nostro gruppetto fu un incontro casuale con Maurizio e Plasma. Vederli vestiti così a Piazza dei Martiri fu per me un ottimo biglietto da visita. Erano gli anni dell'individualismo sfrenato e ovunque guardavo c'era eroina. Per questo me n'ero andata in Olanda e lì avevo visto un concerto dei Discharge. La musica, le case occupate, quella comunità multicolore, libera, molto protettiva verso i suoi membri, mi conquistò senza mezzi termini. Tornata iniziai a incontrarmi con il mio primo gruppo di amici in casa oppure al Vomero, che era un po' il quartiere dove succedevano le cose. Ma anche in posti come Mugnano e Cavalleggeri potevi trovare qualche cresta. Cercammo di metterci in moto: nacquero realtà come Underage e Microcellulazione. C'era lo ZX, un locale sullo stile berlinese, poi venne il Diamond Dogs che però era più alla moda. A Chiaia il Caffè della Luna richiamava gente da Napoli e provincia. Iniziai a frequentate un posto da quelle parti che faceva delle patatine fritte stile plastic food olandese. Bevevamo tanto, puro stile punk. Lì conobbi Lorenzo. Il mondo negli anni `80 sembrava andare in un altra direzione, ma il punk anche a Napoli testimoniava la possibilità di fare qualcosa di diverso. Mi associai alla gruppo dei Contropotere attivi già da tempo a Bologna. Iniziavamo a sognare a Napoli un posto occupato. Ci fu l'esperienza della Centralina, cercammo di dare vita a una radio indipendente ai Camaldoli, ma ci oscurano. Vennero i Randagi e Insofferenza, persone come Ivo e Tommy davano vita a nuove situazioni. Tutto questo movimento sfociò nel 1989 nell'occupazione del centro sociale Tienament a Soccavo. Mi sembra riduttivo parlare della realtà napoletana separandola dal resto di Italia e Europa, la forza del punk era proprio quella di circuitare esperienze e realtà diverse. A Londra come Berlino trovavo sempre e senza sforzo un piatto e un letto. Muoversi non era un problema, fra di noi c'erano degli artisti nel contraffare i biglietti del treno, Napoli però manteneva sempre una sua identità, rischiavi di essere picchiata dalla gente solo perché vestivi punk, se eri fortunata ti sfottevano con la solita battuta sulla pettinatura: «Hai messo le dita nella corrente?». Allo stesso tempo, però, non c'era la violenza degli scontri con la polizia come a Milano. Compravo i vestiti a Resina e indossavo anfibi. Capitava spesso di essere fotografati e ritrovarsi dopo un po' su una rivista. Il punk era diventato moda.

(testimonianza di Lavinia D'Elia)

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