VISIONI

A casa dei comunisti italiani. «Frammenti di `900» di Citto Maselli

IN ANTEPRIMA
CASTELLINA LUCIANA,SVIZZERA/LOCARNO

Sempre più spesso quando vado in giro a parlare a questo o quell'incontro di giovani mi sento chiedere di come era prima. Prima, quando c'era il famoso Pci: come era questo Pci? Chi chiede è nato dopo la sua morte, o aveva pochi anni al momento del decesso. La curiosità è cresciuta con la rimozione degli anziani e con l'impressione che qualcosa non torna se è vero che era così grosso e importamte e però ora imperano ricostruzioni infami e anche pentitissime autobiografiche rivisitazioni. La storia, e segnatamente la storia dei comunisti - se raccontata senza epica e in chiave personale - torna ad interessare le nuove generazioni di sinistra, contrariamente ad ogni previsione (il manifesto, del resto, l'ha capito, creando quell'ultima pagina per questi racconti in prima persona dedicati). Per queste ragioni penso sarà accolto con grande interesse, e non solo dai vecchi che quell'epoca hanno vissuto (e che nella pellicola, almeno i sopravvissuti, contribuiscono al racconto), questo bel film di Citto Maselli che il festival di Locarno ha presentato ieri in anteprima, Frammenti di `900: la storia degli intellettuali comunisti fra gli anni `30 e `60, raccontata attraverso la propria biografia, vale a dire da un punto di osservazione eccezionale, ché Citto Maselli è cresciuto in una casa dove, per via di parentele ed amicizie, erano abituali frequentatori Pirandello, Bontempelli, Mafai, Savinio, Cascella e, insomma, tutti i protagonisti della letteratura, della pittura, della musica di quella singolare stagione a cavallo della guerra. Politicamente agnostica, elitaria, che si considerava esentata da ogni impegno, e poi via via trascinata nell'antifascismo; e dai più giovani nella Resistenza e nel Pci. È tutt'ora un passaggio non sufficientemente esplorato e per tanti versi straordinariamente interessante: come fu che l'aristocrazia intellettuale italiana uscì dal suo ermetismo e passò così massicciamente non solo a sinistra, ma all'approdo comunista?

Citto Maselli è uno straordinario narratore. Lo ha dimostrato anche in passato, specie nella lunga serie - venti puntate - dedicate alla storia del cinema italiano, commissionategli da Parascandalo, un grande ex direttore di rete - Rai educational - purtroppo visibile solo via satellite. Anche in Frammenti del `900 riesce a tirarci dentro il racconto senza lasciare un momento di distrazione, facendoci vivere, attraverso le parole e le immagini - interni ed esterni di vecchie case romane che non avevamo mai visto - una storia che ha la sua vita solo come filo conduttore di una narrazione che diventa subito storia collettiva, degli intellettuali anziani e giovani, ma anche dei compagni che dallo sfondo finiscono venire sul proscenio, nel passaggio dal salotto al partito.

Citto è stato anche molto precoce: a me, che gli sono stata compagna di scuola, ricordo che sembrava un vero mostro. Sicché l'arco del suo tempo è lunghissimo, abbraccia non solo il tempo degli scherzosi giochi teatrali che animavano da bambini, con i cugini Pirandello, sotto l'affettuosa direzione di un capocomico d'eccezione, il nonno Luigi; e poi il tempo dei Cine Guf, il mitico luogo di iniziazione al cinema dei ragazzi della fine degli anni'30, la sala di via Borgognona, diretta da Carlo Lizzani; e poi anche quello della Resistenza, cui partecipò quando aveva solo 14 anni, frustrato perché, come racconta lui stesso nel film, il «vecchio» del gruppo, Alfredo Reichlin, allora diciottenne, gli rifiutò, causa l'età insufficiente, l'iscrizione al Pci.

Il «gruppo» era quello dei fratelli Pintor, dei fratelli Savioli e Bertelli, i ragazzi del Tasso, quasi tutti passati, in seguito, all'Unità, grazie alla spregiudicata scelta di Togliatti che li mise a dirigere il giornale in sostituzione dei vecchi e gloriosi compagni appena usciti da vent'anni di esilio e clandestinità.

Dal Tasso Citto uscì prestissimo perché prima di finire il liceo approdò al Centro sperimentale e tutta la seconda parte del film è infatti il racconto del cinema del dopoguerra, densa di anneddoti inediti, dal miracoloso imbroglio messo in atto da un Marco Ferreri ventunenne per riuscire a produrre il primo film di Antonioni, alla imperdonabile freddezza con cui loro stessi accolsero Roma città aperta, alle mille difficoltà incontrate, ai mille espedienti cui ricorsero gli allora esordienti giganti della grande stagione del cinema italiano per fare i loro film.

Frammenti di `900 è uno spaccato del Pci di quegli anni, la restituzione alle generazioni di oggi di un'immagine reale che fa giustizia delle mistificazioni di questi anni. Certo che il Pci subì l'influenza di Zdanov; certo che Botteghe Oscure bacchettò i più eretici; certo che ci fu il «caso Vittorini», ma non si può dire che quel partito fu «sovietico». La terza pagina dell'Unità si aprì agli autori più svariati e il dibattito culturale fu enormemente più vivo e ricco di quanto fosse altrove e fa piangere confrontarlo con la piattezza dei nostri giorni. E poi, non fu proprio Rossana Rossanda, a diventare responsabile della commissione cultura del Pci? È vero, ci fu poi l'undicesimo congresso che impresse una battuta d'arresto al dissenso interno; e poi Praga e la vicenda del Manifesto. Non voglio semplificare, né farmi annebbiare da un rimpianto senile per il vecchio Pci. Ma è bene che Maselli ci abbia dato questo film che reintroduce, anche con qualche ironia, un po' di verità dimenticata su un'epoca dipinta dall'attuale regime come dittatura comunista: nel partito e nella società italiana.

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