VISIONI

Club culture alla corsa

CORZANI VALERIO,CALVI

Il rock non c'entra. Le rocce piuttosto; quelle che sostengono i bastioni della cittadella di Calvi e che hanno fatto da cornice alle serate più affollate della seconda edizione di «Calvi on the Rocks». Il rock non c'entra perché si tratta di un festival tutto votato all'esplorazione della club culture e che nell'edizione 2004 si è concessa solo un paio di deragliamenti da questa missione tematica. Prima virata, l'apertura, nello scenario solenne della Cathédrale Saint-Jean-Baptiste, dove si è «celebrata» l'attesa performance di uno tra i più accreditati ensemble di Polifonie Corse. Freschi di un album, Sì di mè, nel quale l'integrità acustica è venuta a patti con qualche felpata intrusione elettronica, gli A Filetta, capitanati dal Maestro Bruno Coulais, hanno dato il «la» al festival con un pastoso affresco di voci. Da una cattedrale che sovrasta la splendida città corsa e che guarda a Genova e a Marsiglia con una significativa equidistanza il melange sonoro e linguistico degli A Filetta è sembrato non solo un'esibizione, ma anche una metafora. Per trovare la seconda eccezione acustica al menù elettronico è bastato aspettare la serata successiva. Il set di Feist, cantautrice canadese che i più hanno scoperto per l'ospitata nel nuovo album dei Kings of Convenience, ha fatto seguito ad un vero e proprio cinemix approntato da Dj Oof & Vj Lootin con atmosfere sonore jazzy e lounge che hanno sonorizzato filmati tratti dall'immaginario francese anni sessanta: vecchie Citroen, Fantomas, Belfagor, Luis De Funes. Un tuffo nel modernariato d'oltralpe che ha introdotto la bolla acustica, chitarra e voce, di Feist. Una mezz'ora di canzoni per lei e una dimostrazione di maturità e di stile, con qualche debito nei confronti di Rickie Lee Jones e Joni Mitchell, ma con un approccio più edonistico e sereno alla melodia e ai ritmi, capaci quest'ultimi di tingersi di volta in volta anche di bossanova, di shuffle, di polke sgangherate. «Calvi on the Rocks» ha dimostrato di essere non solo un festival ma anche un'atmosfera e un'attitudine, regolata dai placidi pomeriggi della Favela Chic (una location sulla spiaggia con musiche chill out e r&b) e dal sottotitolo «Festival di musiche ed arti digitali». Il digitale appunto, un'opzione confermata dalla postazione fissa con dj set, trampolino di lancio delle performance serali.

Micidiale per compattezza e coerenza hip hop quella di Rob Birch degli Stereo Mc's, visionaria e sperimentale sia dal punto di vista sonoro che visivo quella della sparuta pattuglia dell'etichetta Ninja Tune con la rappresentanza degli Hexstatic che ha sciorinato un set di electro mescolata ad un trip hop spurio e lisergico. Peter Kruder (il Kruder di Kruder & Dorfmeister) ha portato a Calvi un dj set poco down e molto up tempo, impeccabile dal punto di vista tecnico ma un po' troppo attento alla spinta. Kruder è uno dei campioni della «sfumatura» dance e della lentezza ritmica, l'accellerazione lo ha fatto diventare semplicemente più convenzionale. Dettagli non sostanziali, se confrontati con il naufragio artistico del set di Neneh Cherry, il nome più roboante in cartellone e molti si aspettavano scintille dalla formula «dj+family+neneh». La sua piccola tribù (con tanto di figlia e nipotina) è in effetti arrivata sul palco della città corsa, ma fatto salvo il virtuosistico djing dei giovani della sua scuderia (la Jugula Session), il resto è stato uno spettacolo ai limiti del sopportabile. Con la figlia del più grande dei trombettisti free jazz che si è identificata prima con lo stile scenico di una ballerina lap dance, poi con un mc scontato e banale, infine con il ruolo patetico di apprendista dj.

Buone vibrazioni dala nuova scena francese. I Vegomatic con il loro surf pop venato di elettronica, Dj Kantes con il suo live ambient electro che ha utilizzato anche voci e sonorità della tradizione popolare corsa, Christophe Hetier alias Antipop (uno dei membri dei Telepopmusic) che ha coniugato il piacere ipnotico della trance con l'energia rock, Sebastien Tellier che si era invece riservato un ruolo apparentemente minore. Frammenti di suono molto lirici alternati a sferzate ritmiche, chanson e groove. Piazzato nell'after hours del festival, Tellier ha preso alla lettera un altro degli slogan del festival tirando la notte fino alla mattina: «Il sole sorge per tutti»; in corso «U sole si pesa par tutti».

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