POPOLI

«Nelle scuole, le classi etniche diventano ghetti»

BARRUCCI TIZIANA,ITALIA

È il federalismo asimmetrico, all'interno di un multiculturalismo, la soluzione politica proposta dal programma delle Nazioni unite per lo sviluppo (Undp) contro discriminazione e ghettizzazione delle minoranze. Ne è convinto Antonio Vigilante, responsabile Undp Egitto, tra i revisori dell'ultimo rapporto Onu. Che però aggiunge con rammarico: «a parte l'Olanda, oggi in nessun paese i gruppi etnici hanno ancora una vera rappresentanza politica».

Qual è il legame che unisce libertà culturale e sviluppo umano?

L'esempio che ben spiega tale rapporto è quello della Malaysia. Caratterizzata da una popolazione multietnica, questa nazione ha saputo sfruttare al meglio la sua situazione e oggi si trova ad avere un indice di sviluppo economico molto alto. Una realtà che smonta tutti i miti sul determinismo culturale.

Lei parla di federalismo asimmetrico come strada per sfuggire dalla pericolosa dicotomia differenzialismo-assimilazione. Cosa intende?

Il differenzialismo era una pratica adottata in passato, volta a conservare confini netti tra i gruppi, rispettandoli come comunità separate. L'assimilazione invece cercava di far diventare gli immigrati più simili a noi. È chiaro che entrambi gli orientamenti oggi risultano inadeguati. Riteniamo fondamentale la possibilità per ogni individuo di scegliere la propria identità: questo è multiculturalismo. E le intese federali asimmetriche rappresentano un approccio importante in tale direzione. Poiché non tutte le sottounità dello stato hanno gli stessi poteri, tale organizzazione risponde in modo flessibile alle necessità dei diversi gruppi. Un caso esemplare sono i baschi di Spagna. Ma potrebbero esserlo anche l'Irlanda del Nord o l'Alto Adige.

Quindi la creazione di classi etniche proposta in questi giorni in Italia era un grave errore...

Credo di sì. La diversità non può essere un obiettivo, ma solo un dato di fatto. E soprattutto non deve portare alla ghettizzazione.

Cosa dire della scelta francese di imporre alle donne musulmane di togliersi il velo a scuola?

Qui la situazione è complessa. È vero che il velo, come foulard, non impedisce l'emancipazione femminile. Ma è anche vero che la sua versione integrale - che copre l'intero volto - invece diventa un ostacolo consistente alle relazioni pubbliche della donna. In ogni caso la decisione francese è nata da un dibattito pubblico e democratico e per questo va rispettata.

Cosa risponde alle donne che rivendicano il loro diritto a portare il foulard?

Che sono libere di indossarlo in altri luoghi. Nella valutazione della legge è importante tenere presente che lo stato francese mantiene il suo principio di laicità in maniera equa, nel rispetto delle libertà religiose. Non ci troviamo di fronte a uno stato che osteggia le religioni, ma solo che tenta di difendere la propria laicità.

Quali sono i casi peggiori di esclusione che avete monitorato?

Storicamente, i casi limite sono quelli del Sud Africa, del Ruanda e del Kosovo. Una situazione molto studiata oggi è quella della Namibia. Qui abbiamo messo in relazione l'indice di sviluppo umano con lo sviluppo linguistico: chi parla tedesco e afrikaans si trova a livelli molto alti, non è lo stesso per chi invece parla le lingue locali.

Nessun riferimento alla Palestina?

Sosteniamo l'autodeterminazione dei popoli. Si tratta di una sollecitazione che deve però essere affrontata politicamente sul nascere, per evitare che degeneri in una guerra. Un sistema basato sulla multiculuralità potrebbe essere una soluzione per il conflitto arabo-israeliano ma deve essere accettato da tutti i soggetti coinvolti. Altrimenti accade come nei Balcani, dove è stata l'imposizione ad accendere la miccia...

Qual è il rapporto fra libertà culturali e fondamentalismi?

L'utilizzo della forza per combattere un fondamentalismo è giustificato soltanto quando è quest'ultimo per primo ad essere violento.

Può fare qualche esempio?

Ritengo giustificato l'intervento in Kosovo, molto di meno quello in Iraq. Se si voleva utilizzare il diritto di ingerenza per bloccare delle violazioni, allora bisognava metterlo in pratica nel `91, durante il massacro degli sciiti. Ma all'epoca a nessuno interessava.

E l'Algeria del Fis?

In Algeria combattere il fondamentalismo ha portato soltanto morte. A patto che gli attori accettino le regole della democrazia, si devono sempre preferire soluzioni politiche. Come è avvenuto in Austria, dove accettando la vittoria di un gruppo estremista la democrazia è riuscita ad arginarlo e indebolirlo.

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