SOCIETÀ

Energie rinnovabili, summit senza l'Italia

CASTELLINA LUCIANA,BONN

Un incontro mondiale lungo sette giorni per discutere delle energie rinnovabili, non in astratto ma nel concreto della loro possibile immediata introduzione. Un convegno - fra la fine di maggio e l'inizio di giugno - che si è snodato in tre diverse tappe: 1) il Forum mondiale, riservato alle ong e promosso dal Consiglio mondiale per l'energia rinnovabile, da Eurosolar e da Green cross international: 500 partecipanti in rappresentanza di 210 organismi nazionali di 120 paesi. Dall'Italia, la sezione italiana di Eurosolar e Legambiente (cui la prima è peraltro associata); 2) la Conferenza internazionale governativa, promossa dal governo tedesco, presenti 130 governi ( circa 3.000 fra funzionari e rappresentanti politici ); 3) il Forum parlamentare internazionale, presenti 350 parlamentari di 80 diversi paesi.

Assenze ingiustificate

Colpiscono, di questo evento di grande importanza, due cose, ambedue relative al nostro paese: che la stampa italiana non ne abbia praticamente parlato (nonostante le sue ormai sempre più copiose pagine sui disastri del clima); che presente al Forum dei parlamentari, forse la più significativa delle riunioni, non solo perché la prima del genere ma perché intesa a esercitare una pressione sui rispettivi esecutivi da parte di deputati impegnati nelle rispettive commissioni ambiente (e dunque più consapevoli della gravità del problema), di deputati italiani ce ne sia stato solo uno: della Lega nord. La sinistra totalmente assente (e non si dica che era per via della campagna elettorale, ché quella riguarda tutti i 25 paesi europei). Brillante rappresentanza politica per un movimento ecologista che è invece, nel nostro paese, di tutto rispetto. Così l'Italia, senza quasi presenza parlamentare e con una delegazione governativa guidata dal direttore generale del ministero dell'ambiente, Clini, noto per il suo orientamento fossile, è stato - al livello istituzionale - il fanalino di coda dell'evento. Solo una conferma del ritardo accumulato dal nostro paese che copre con le nuove fonti rinnovabili (e cioè quelle non idriche) neppure l'1 per cento della produzione (e in compenso ha aumentato i propri consumi, e le relative emissioni di ossido, dell'11 per cento) rendendo ancora più penosa la pretesa di rispettare l'impegno dell'Unione europea di raggiungere il 12 per cento entro il 2010 e del 25 entro il 2020.

Il modello centralistico

«In Italia, a differenza di quanto è avvenuto nell'Europa del nord, ma anche in Spagna - ha commentato Francesca Sartogo, presidente di Eurosolar Italia - non si è nemmeno cominciato a ridiscutere il modello energetico, presupposto per procedere: esso resta tuttora fondato non solo sulle energie convenzionali ma su un'ipotesi fortemente centralistica». Particolarmente importante, invece, perché numerosissima e accorata, la presenza del terzo mondo, che è risultato assai più consapevole di quanto non si ritenga dei rischi che proprio i paesi del sottosviluppo stanno correndo e anche estremamente documentato sulle potenzialità nel settore delle energie rinnovabili, bloccate dall'assenza di trasferimento di tecnologie e da un indirizzo della Banca mondiale che continua a privilegiare i crediti per le fonti convenzionali. Nonostante l'impegno assunto alla conferenza di Johannesburg, due anni fa, la Banca Mondiale - su cui si sono rovesciate le critiche più aspre di asiatici e africani - ha continuato a riservare solo il 2 per cento degli aiuti alle energie rinnovabili. Di straordinario interesse è stata la documentatissima esposizione della direttrice del recentemente costituito centro di ricerche sull'energia della Cina che ha descritto una situazione allarmante (il paese, in rapidissimo sviluppo industriale, utilizza quasi solo carbone), e però ha già provveduto a studiare dettagliatamente tutte le possibilità alternative (una mappa dei venti, per esempio, che l'Italia non si sogna). Se queste potenzialità non verranno rapidamente sfruttate - ha denunciato nel suo allarmatissimo discorso Emil Salim, ex ministro dell'Indonesia - il nostro paese è destinato a morire soffocato, come già ha rischiato negli anni scorsi per l'accumularsi nella sua atmosfera delle nubi tossiche prodotte nell'area. Sulle biomasse puntano soprattutto il Brasile, che è già avanti nella produzione di benzina da etanolo, e l'India, dove la maggioranza dei villaggi rurali è tuttora senza luce. Interessanti anche le relazioni dei paesi dell'Europa dell'est dove, grazie in particolare all'instancabile lavoro di Eurosolar, che ha creato ovunque nuove sezioni dell'associazione, sono state attivate promettenti energie umane.

Al convegno delle ong sono stati stabiliti alcuni importanti punti fermi. Tanto più importanti perché assumono una posizione chiara nei confronti di tesi che talvolta si insinuano anche nella sinistra, ancora così spesso reticente sul tema delle energie solari: 1) ricorrere per il 100 per cento, a livello mondiale, alle energie rinnovabili, è possibile; 2) le risorse di metano fossile sono destinate a esaurirsi altrettanto presto del petrolio («saranno esaurite nei prossimi 50 anni»); 3) la reale alternativa per sostituire il petrolio e il metano fossile - e così evitare le tante guerre che il loro accaparramento ha provocato e continua a provocare - è il diesel, la benzina e il kerosene derivato dalle biomasse. Questa soluzione induce peraltro una rivitalizzazione dell'agricoltura; 4) il terzo mondo è il più colpito dalla crisi energetica. 39 paesi devono già oggi spendere per l'importazione di petrolio più di quanto sia l'introito totale delle loro esportazioni; 5) viene proposta la creazione di una Agenzia internazionale per le energie rinnovabili in grado di mobilitare tutte le forze a livello mondiale. Deve trattarsi di una Agenzia intergovernativa, fondata sull'alleanza di paesi che hanno un analogo orientamento e senza farsi paralizzare dalla ricerca di un consenso generale. I governi erano stati invitati dal cancelliere tedesco in occasione della Conferenza di Johannesburg del 2002 ed è naturale perché, effettivamente, è la Germania che ha operato nel modo più vigoroso nel campo delle energie rinnovabili e si trova oggi ben avanti tutti gli altri paesi (Solo per fare un esempio: qui esiste oggi il 20 per cento delle installazioni di impianti fotovoltaici esistenti nel mondo e il 40 per cento di quelli eolici).

Nel suo discorso Schroeder ha denunciato il fatto che l'aumento del prezzo del petrolio verificatosi quest'anno è costato ai paesi del terzo mondo 60 ulteriori miliardi - tanto quanto l'insieme dell'aiuto finanziario ai paesi in via di sviluppo. Nel quadro del convegno la Germania si è impegnata ad arrivare al 20 per cento di energia rinnovabile per il 2020, la Cina al 17, le Filippine a passare dall'attuale 20 per cento (ottenuto soprattutto da risorse idriche) al 40, l'Egitto a costruire centrali solari termiche lungo il Nilo. Solo promesse, ovviamente, così come quelle contenute nel «Programma d'azione per l'energia rinnovabile» votata alla fine: niente più che una lista, dunque, di iniziative, ma comunque significative.

La sfida del secolo

Più interessante di tutti è stato forse il Forum dei parlamentari ( 350 da 80 paesi), di cui è stato presidente Hermann Scheer, presidente di Eurosolar, che - essendo egli stesso il principale autore delle leggi sull'energia passate nel Bundestag, quelle che hanno consentito alla Germania di diventare un modello nel campo delle energie rinnovabili (e infatti il terzo mondo a Berlino in particolare si è appellato ) - ha potuto indicare anche gli strumenti concreti (strutture tariffarie, regole per la certezza del mercato, incentivi, ecc.) che possono esser messi in campo. Nella risoluzione finale - «Energia rinnovabile, la sfida del secolo» - si dice che la Banca mondiale e la Banca per lo sviluppo non debbono più concedere crediti per investimenti nel campo dell'energia fossile, ma solo per quelle rinnovabili e per il risparmio; che i sussidi attualmente concessi alle energie fossili e atomiche debbono esser trasferiti alle rinnovabili (si tratta di 300 miliardi di dollari all'anno); che occorre prevedere il trasferimento a condizioni non commerciali di tecnologie per le energie rinnovabili ai paesi del terzo mondo; e che - come già chiesto dalla conferenza delle ong - deve essere costituita l'Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena).

Resistenze dell'Onu

Questa proposta si può dire sia stata al centro del dibattito: «Essere pro o contro Irena è la cartina di tornasole - ha detto Sheer - per verificare la credibilità delle posizioni che i governi assumono. Perché può diventare lo strumento che blocca l'attività delle agenzie Internazionali attualmente esistenti - la Iaea (atomica) e la Iea (carbon fossile) e consente di deviare i fondi verso le rinnovabili che oggi non godono di alcun sostegno internazionale a livello istituzionale». La proposta di una simile agenzia non è nuova, ma solo a Bonn ha avuto un battesimo solenne, sia per l'approvazione da parte del Forum dei parlamentari di tanti paesi diversi che dello stesso cancelliere Schroeder, che non ha fatto che raccogliere il mandato in questo senso dato dallo stresso parlamento tedesco. Ma le difficoltà non mancano, ovviamente, a cominciare dalle resistenze dell'Onu, la quale teme che la creazione dell'Agenzia suoni critica alla sua passività in questo campo (il che è in effetti vero: ma è proprio per questo che è necessaria).

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