ECONOMIA

La redistribuzione della ricchezza nella Costituzione

POLITICA DEI REDDITI
NICOLOSI NICOLA, ROMANO ROBERTO,ITALIA/MILANO

La Camera del lavoro di Milano ha approvato un documento sulla politica dei redditi che nei fatti «rinuncia» a qualsiasi redistribuzione della ricchezza. Non si tratta solo di «adeguarsi» alla politica dei redditi del 23 luglio, piuttosto della rinuncia a «spostare» quote significative del reddito dal profitto e, in particolare, dalla rendita verso il reddito da lavoro. La Cgil in Lombardia non è però solo la Camera del lavoro di Milano e infatti è stata avviata una importante discussione proprio sulla politica dei redditi. È bene ricordare che il reddito è formato da un circuito superiore, cioè i consumi, gli investimenti e la spesa pubblica, e da un circuito inferiore che attiene alla sua distribuzione (come i fattori sono remunerati). Se la remunerazione dei fattori non è ininfluente allo sviluppo, occorre attivare delle adeguate politiche fiscali. La politica dei redditi non è l'aggancio dei salari, dei profitti e della rendita all'inflazione programmata o reale. La distribuzione del reddito è qualcosa di molto più serio e agisce tra «il processo di formazione del reddito degli individui e della collettività» e la «remunerazione stessa dei fattori». Ma i fattori di produzione non sono tassati allo stesso modo: la rendita ha una tassazione pari alla metà del profitto e del reddito da lavoro. In questo modo si rischia di perdere lo spirito dell'art. 53 della Costituzione e per questa via dare sostanza all'art. 3.

Se il reddito è legato alla formazione e alla distribuzione della «ricchezza», i provvedimenti che attengono al controllo dei prezzi sono idonei a condizionare i «prezzi di mercato» dei beni e servizi vendibili, cioè la realizzazione di una politica economica e (forse) di una politica industriale, ma in nessun modo può determinare una diversa distribuzione del reddito prodotto. Se rivendicare l'inflazione reale e un pezzo di produttività ha una sua ragione economica nella determinazione della politica economica complessiva, è bene ricordare che grazie all'intervento pubblico (prelievo fiscale) che si realizza la politica dei redditi, anche con i cosiddetti beni di merito (sanità, scuola, assistenza, ecc.) destinati all'intera collettività, cioè fruibile da tutti i cittadini. Inoltre, per realizzare una corretta distribuzione del reddito occorre condizionare tutti i soggetti economici. È possibile agganciare il reddito da lavoro all'inflazione credibile, ma solo se si esercita una sanzione per chi viene meno all'impegno.

Se confrontiamo i dati europei e quelli italiani si osserva una costante negli ultimi 15 anni: la capacità dell'intervento pubblico di distribuire reddito in Europa è maggiore di quella italiana. Si registra anche un paradosso: tanto più cresce il Pil, tanta meno ricchezza è distribuita. Questo tipo di politica ha inoltre aggravato la condizione del sistema produttivo. Si è consolidata l'idea che solo attraverso la compressione dei salari è possibile creare ricchezza. Una idea difficile da accettare per la Cgil. La latitanza delle politiche pubbliche è stata non solo grave, ma piena di insidie. Forse è giunto il momento di pensare a interventi pubblici che rispondano ai principi della Costituzione. Se il reddito del lavoro in Italia è più basso di dieci punti rispetto alla media Ue, evidentemente la colpa non può essere attribuita solo alla politica contrattuale.

*Segretario Cgil Lombardia, **Cgil Lombardia

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