DIES IRAQ

Via gli spagnoli. E i centramericani?

BERETTA GIANNI,IRAQ/SPAGNA/AMERICA LATINA

Il ritiro in tempi brevi dei circa 1300 effettivi spagnoli dall'Iraq, annunciata dal premier spagnolo Zapatero, apre un problema più amplio sulle sorti della brigata iberoamericana Plus Ultra, integrata da 1158 soldati del Centramerica: 380 salvadoregni, 366 honduregni, 302 dominicani e 110 nicaraguensi. Aggregati fin dall'inizio (agosto) sotto il comando spagnolo. I governi di Managua e Tegucigalpa, di destra, per il momento tacciono; idem a Santo Domingo il presidente socialdemocratico Ipolito Mejia. Chi invece ha già fatto sapere fermamente che il proprio contingente resterà in Iraq è il presidente salvadoregno uscente Francisco Flores, forte della recente vittoria elettorale del suo partito di destra (Arena). El Salvador ha avuto la scorsa settimana la sua prima vittima in Iraq: Natividad Mendez Ramos, un ventenne salvadoregno le cui spoglie sono rientrate in patria domenica e tumulate con tutti gli onori militari. Nello stesso attacco sono rimasti feriti altri 12 soldati salvadoregni elevando così il tributo di sangue dei giovani centroamericani che combattono numerosi anche sotto la bandiera Usa (i più arruolatisi in cambio della green card per la residenza). Ma è bastata la visita in questi giorni a San Salvador di un congressista repubblicano, Cass Ballanger, perché il ministro della difesa, generale Juan Antonio Martinez, si precipitasse ad annunciare che il terzo contingente di effettivi è già pronto a rilevare, in luglio per sei mesi, i soldati in Iraq.

I centramericani vengono mandati in Iraq con un salario di qualche centinaio di dollari e praticamente senza alcuna assicurazione. Ciò che ha provocato aspre controversie in Nicaragua fra il governo ultra-conservatore di Enrique Bolanos e i familiari degli effettivi nicaraguesi.

Se si tiene conto che il Costa Rica e Panamà non hanno potuto inviare proprie truppe semplicemente perché hanno abolito l'esercito (i panamensi dopo l'invasione Usa dell'89), la vicenda irachena mostra come i paesi del cortile di casa Usa siano toranti le «banana republics» dei tempi (che sembravano) passati.

Con un'eccezione: il Guatemala, che quando l'invasione in Iraq è cominciata aveva al potere l'ex generale genocida Efraim Rios Montt, passato da amico e nemico degli Usa. A sorpresa il nuovo presidente della destra moderata, Oscar Berger, ha confermato che il Guatemala non invierà propri soldati in Iraq se non su mandato Onu.

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