POLITICA

Campania, la mia regione dell'anima

EDITORIA
RAMONDINO FABRIZIA,ITALIA/CAMPANIA

Il manifesto è un giornale comunista senza partito - né intende fondarne uno - e mi auguro senza Classe (con la C maiuscola), considerato che il concetto di classe da un lato è stato inteso in senso riduttivamente operaista dall'altro è stato oggetto di molte verifiche. E questo vale particolarmente oggi. Sul concetto di classe - in riferimento a Napoli - faccio rilevare quanta poca attenzione sia stata dedicata in passato da socialisti e comunisti al terzo capitolo del libro de Il Capitale, in cui Marx analizza una forma di difesa degli industriali contro l'organizzazione degli operai: la dislocazione di fasi della lavorazione a domicilio in appalto a piccole botteghe in quartiere non industriali; e definisce le figure di lavoratori che vi sono occupati non sottoproletariato ma proletariato precario o esercito industriale di riserva. Oggi il manifesto inizia la pubblicazione di un supplemento settimanale dedicato alla Campania, la mia regione dell'anima. Sostenuta dall'impegno speso da tanti e da me stessa in campo politico-sociale e da me stessa in questa regione, e soprattutto a Napoli, vorrei dare qualche suggerimento ai giovani, e meno giovani, compagni che si avventurano in questa iniziativa.

A fondamento del nostro lavoro avevamo posto l'Inchiesta. E vorrei chiarire questo punto. Esempi, seppure diversi nel tempo, nei luoghi nei temi e nello stile narrativo, sono per me e le inchieste: sulla classe operaia in Inghilterra di Federico Engels, sui contadini dello Hunan di Mao Tse Tung, sull'immigrazione meridionale a Torino di Goffredo Fofi, sull'Olivetti di Ivrea di Raniero Panzieri e dei suoi compagni dei Quaderni Rossi, su Partinico di Danilo Dolci, su I contadini del Sud di Rocco Scotellaro, sulla catastrofe del Vajont di Lina Merlin, su Auschwitz di Primo Levi (come in Se questo è un uomo) sui gulag come nei Racconti della Kolyma di Varlam Salamov, sulla scuola di Barbiana di Don Milani (in Lettera a una professoressa), sulla malasanità (le morti per parto) alla fine dell'Ottocento di Celine nel Dottor Semmelweis, sulla immigrazione straniera in Italia di Enrico Pugliese (come ad esempio in Diario dell'Immigrazione), sugli immigrati clandestini di Maria Pace Ottieri in Se sei nato non puoi nasconderti. E per la Campania, Anche il colera di Gennaro Esposito, il mio libro su Napoli: i disoccupati organizzati, le inchieste di Giovanni Laino sui Quartieri Spagnoli e quello di Lucia Annunziata su Sarno, il libro sulla scuola di Marco Rossi-Doria (Di mestiere faccio il maestro). Infine, nel campo audiovisivo, il film di Francesco Rosi, Le mani sulla città e i recenti documentari di Leonardo Di Costanzo sul difficile lavoro della sindaca Ds di Ercolano, Bossa, e su una scuola di Scampìa.

Che cosa accomuna queste inchieste pur nella loro diversità? 1) Le esperienze sono vissute in prima persona o, se indirette, le inchieste sono svolte con il coinvolgimento dei protagonisti, che quindi non diventano mai oggetto. 2) Il coinvolgimento porta a un processo di trasformazione reciproca, che talora sfocia in un progetto da realizzare o nel ripensamento di un progetto già in atto. 3) Il bene e il male, il giusto e l'ingiusto, la «linea rossa» e la «linea nera», non sono mai nettamente distribuite da una parte o dall'altra. 4) Si è consapevoli della complessità del reale, perciò si presta ascolto a chi avanza dubbi e persino a chi si oppone. 5) Ogni ipotesi, tanto più se ideologica o caratterizzata da un pensiero forte, va verificata nella concretezza dell'esperienza pratica. E' ovvio che compito di un giornale non è né scrivere libri né creare comunità di impegno sociale, ma solo di riferirne. Perciò è fondamentale che i giovani giornalisti di questo supplemento creino una rete di punti di riferimento fra coloro che praticano l'Inchiesta, attenti anche alle ragioni di chi critica o si oppone alle iniziative che sono prescelte. E che siano consapevoli che lo scopo non consiste solo nella denuncia dei mali sociali, ma anche nel valorizzare i momenti, lunghi o brevi che siano, di utopia nel senso attribuiti alla parola da Ernst Bloch (Il principio speranza). Buon lavoro quindi, in particolare a Napoli di cui il grande storico Fernand Braudel, poco prima di morire scrisse che è la porta del nord verso il sud del mondo e viceversa.



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