VISIONI

La Grecia tra storia e utopia

SILVESTRI SILVANA,GRECIA

Théo Angelopoulos ha votato in Grecia ed è tornato in Italia per presentare il suo ultimo film La sorgente del fiume, in concorso a Berlino, da venerdì 12 nelle sale (distribuisce Istituto Luce). Il risultato delle elezioni che dà la vittoria al centro destra (Nea Democratia ) anche in Grecia, sembra mettere un punto finale alla sua Trilogia che parte dagli anni trenta e arriva ai giorni nostri e di cui questo film è la prima parte: «Meglio sarebbe dire che è l'ultima puntata di una tragedia, ci dice. In Grecia ha vinto la destra come nella maggior parte dei paesi d'Europa. Io non so cos'è la sinistra, oggi. Le definizioni si sono perse. Sentimentalmente sono a sinistra, ma nella confusione. La sinistra non ha più una parola sul futuro del mondo. La sinistra è muta, ora ci sono i manager che arrivano. Ho fatto un film con Marcello e Jeanne Moreau, si chiamava Il passo sospeso della cicogna. Lì c'era una frase che doveva scrivere il personaggio di Marcello: con quale parola chiave si può aprire la porta verso un nuovo sogno collettivo? La natura umana resta la stessa, ma quando si vive un periodo di eccitazione, di sogno, di prospettive storiche, si può dire che è dolce vivere, anche se l'avventura resta la stessa». I comunisti del Kke sono il terzo partito. Qual è il senso di questo voto? «Il grande problema è che ci sono persone che votano perché il loro interesse è verso una certa tendenza, altre votano per reazione e altri ancora sono senza opinione che si muovono secondo il vento che soffia. Non credo che ognuno voti coscientemente in senso politico, perché non c'è politica nei partiti. È normale che gli operai votino a sinistra e che i funzionari votino secondo chi è al potere ed anche che la gente segua il vento. In tutto il mondo è così. Aggiustare qualche piccola percentuale, per le pensioni ad esempio, sono solo misure tappabuchi, non c'è una visione politica, non significa affrontare la vita di un paese e di un popolo. Penso che questo succede non solo in Grecia, ma in tutti i paesi». In ogni caso, dice, lui ha votato per la coalizione di sinistra che sappiamo ha ottenuto 6 seggi. Storia per lo più sconosciuta al nostro pubblico quella greca dell'inizio del secolo, poiché la maggior parte delle location sono servite da sfondo al genere spy story e poliziesco, divulgata in patria con documentari e con film che pescano nei secoli oscuri della dominazione turca, da noi Angelopoulos è forse l'unico punto di riferimento per quanto riguarda le complicate vicende dell'anteguerra, le disfatte e le lotte, la mitologia e il complesso procedere dei fatti. La sorgente del fiume è un emozionante racconto che torna nuovamente a quell'epoca ed ancora a Salonicco «paese dei rifugiati» dove arrivarono un milione di profughi dall'Asia minore nel '22, ma qualcosa è cambiato rispetto agli altri suoi film, forse perchè concentrato su una interprete femminile (Alexandra Aidini nella parte di Eleni) che esprime la storia vissuta da una madre con radici profonde nel mito classico. Le vicende di un paese diviso a metà, simbolicamente rappresentato da due gemelli (come lo erano sempre i padri fondatori di una nazione) colpiscono per la scansione del dolore, per la sospensione del tempo che cattura l'attenzione e fa silenzio nel caos circostante.

«Il `36, racconta, è stato un anno terribile. In Grecia c'era la dittatura come in Giappone, in Italia, in Spagna e anche in Ungheria con Horty. C'era una straordinaria onda montante del fascismo, eppure a quell'epoca ancora il comunismo rappresentava una speranza. È stato un secolo incredibile in cui ci sono state più guerre e catastrofi di altri secoli eppure in milioni hanno creduto nella possibilità di cambiare. Si vede ora cos'è l'Europa: senza unità politica non c'è unità, non è sufficiente l'unione monetaria».

Il film, dice, è stato scritto in un'unica sceneggiatura, ma poiché risultava troppo lunga ha deciso di dividerla in tre parti. Ma ogni parte vuole il suo seguito, sebbene viva di vita autonoma. Così il secondo film andrà dalla morte di Stalin avvenuta del `53 al Vietnam e il terzo dalla caduta del muro di Berlino ai giorni nostri. «Si raccontano gli avvenimenti vissuti da Eleni, non la storia del secolo, non sono uno storico».

Angelopoulos ha cominciato a lavorare agli altri due film, ma solo per quanto riguarda i sopralluoghi: «Ho fatto sopralluoghi in Unione Sovietica, in Uzbekistan fino al confine con l'Afghanistan, nelle città degli Urali, in Siberia d'inverno. Ho compreso perchè l'Urss era l'Urss. Nei piccoli caffè la gente vive all'epoca dello stalinismo. In un piccolo caffè degli Urali ho sentito questa nostalgia dello stalinismo che non mi aspettavo. L'Unione Sovietica è una cosa unica con popoli diversi, culture, religioni diverse, una cosa incredibile, dal punto di vista della ricchezza e della storia. Mi chiedo perchè non ci sono mille film a raccontare tutte queste storie. Ho costruito due interi villaggi di cento case uno e di cendoventi case l'altro. Ho dimenticato completamente il tempo, mi sveglio solo adesso».

Nello stile di produzione di Amedeo Pagani (è stato lui il produttore principale dei suoi film) immaginiamo questa troupe che gira le scene bruno opalescenti sulle rive del fiume, poi lascia che il fiume inondi tutte le case, poi ancora che le acque si ritirino e che restino solo rovine. Su quelle acque naviga un grande film. Qual è il ruolo di Tonino Guerra? «Tonino è una presenza amichevole che plana. Il lavoro con lui non è normale. Mi telefona e mi dice: devi mettere una gallina. Dove? non so, ma ci deve essere. E infatti la metto. Si mangia e talvolta si parla. Può venire fuori qualcosa che resta o no. L'aiuto morale è importante. Io poi la sceneggiatura la scrivo da solo. Ma nel film c'è una cosa che lui ha scritto in una prefazione a un libro su di me, dove parlava anche nel mio modo di bere lentamente il caffè e di fumare (quando fumavo) e scriveva che io sono come la sorgente del Marecchia, là dove c'è solo prato e gocce di acqua sulle foglie. Questa pagina è la lettera che manda a Eleni il marito che si trova a Okinawa. È come se Tonino questa lettera l'avesse inviata a me». Nel film il gruppo dei musicisti ha un posto centrale, risolutivo. Gli ha forse voluto dare un significato più vasto, allargato a tutto il mondo della creazione artistista? «Ho scelto i musicisti per dare una professione al protagonista. Nei miei film ci sono spesso lavori artistici: attori, musicisti, c'è un apicultore (in qualche modo è un artista anche lui), un cineasta, uno scrittore. Sono parabole su questi mestieri, ma non chiedetemi perchè. Sono affascinato dai vecchi attori che ho conosciuto, dai musicisti girovaghi che aspettano di essere scelti. Hanno storie incredibili da raccontare, non sono stabili come gli operai, lavorano con il vento e il nulla». Il titolo del secondo film è La terza ala «cioè l'impossibile, l'utopia. Ma è con le grandi e piccole utopie che si va avanti».



Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it