MONDO

Slitta il verdetto su voto anti-Chavez

VENEZUELA
BERETTA GIANNI,VENEZUELA

Sarebbero quattro le vittime e decine i feriti registrati negli ultimi cinque giorni in Venezuela in violenti scontri fra l'opposizione e le forze di sicurezza o gruppi sostenitori del presidente in carica Hugo Chavez Frias. Almeno così assicura il «Coordinamento democratico» d'opposizione; mentre non confermano altrettanto le autorità di governo venezuelano. Sta di fatto che il clima è tornato a surriscaldarsi pericolosamente, in particolare nella capitale Caracas, per la crescente incertezza sulla conta delle firme raccolte per indire un referendum popolare «revocatorio» del mandato del presidente della repubblica Hugo Chavez Frias. Il Consiglio nazionale elettorale (Cne) non ha ancora dato i numeri finali. Ma in una intervista esclusiva alla Bbc il presidente del Cne, Francisco Carrasquero, ha anticipato che delle circa 3,4 milioni di firme presentate dall'opposizione, solo un numero compreso «tra 1,7 e 1,8 milioni è valido», 667.000 sono contestate, mentre addirittura un milione sono nulle. Se il dato fosse confermato, equivarrebbe a sancire che gli «antichavisti» non avrebbero raggiunto le 2.450.000 firme (equivalenti a un quinto dei venezuelani registrati aventi diritto di voto) necessarie per obbligare il governo alla consultazione nazionale.

Le anticipazioni del Cne - di cui l'annuncio di Carrasquero non è che l'ultimo episodio - avevano scatenato le proteste dell'opposizione fin da venerdì scorso, quando qualche migliaio di manifestanti aveva preso di mira il teatro in cui prendeva il via il vertice del cosiddetto «Gruppo dei quindici», capi di stato di paesi «emergenti» (fra essi il brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, l'argentino Nestor Kirchner e l'iraniano Mohammad Khatami) con all'ordine del giorno la revisione delle regole del commercio internazionale e dei rapporti con gli organismi finanziari.

Reparti della Guardia nazionale e della Polizia militare avevano fermato la protesta sparando lacrimogeni e pallottole di gomma. I manifestanti si erano ritirati in altri settori della capitale con barricate che ostruivano le principali vie di comunicazione. I disordini sono proseguiti ieri e lunedì con l'arresto di una trentina di oppositori, fra cui il dirigente del Coordinamento democratico Carlos Mello.

Il Consiglio nazionale elettorale ha fatto sapere intanto che il 18 marzo prossimo i cittadini la cui firma è stata messa sotto verifica potranno recarsi in un migliaio di centri allestiti ad hoc sul territorio nazionale per ratificare la propria intenzione a favore del referendum. Dopo di che il Cne il 25 marzo successivo (ma le scadenze sono slittate ripetutamente), emetterebbe il proprio verdetto definitivo sulla fattibilità della consultazione revocatoria su Chavez. Una procedura assai farraginosa, prevista dalla nuova Costituzione bolivariana e supervisionata mesi fa dagli osservatori dell'«Organizzazione degli stato americani (Osa)» e da quelli del «Centro Carter», che mediarono fra governo e opposizione sull'ipotesi referendaria.

L'opposizione, egemonizzata dai vecchi e corrotti partiti socialcristiano e socialdemocratico (insieme ai rispettivi sindacati di riferimento), ha buon gioco ad attaccare la tattica dilatoria del Cne, composto a maggioranza (tre a due) da rappresentanti pro-Chavez, a partire dal suo presidente Francisco Carrasquero.

Ma è un fatto che sono innumerevoli le irregolarità registrate durante la raccolta delle firme dall'opposizione che ieri, attraverso la sua Union Radio ha fatto sapere di non essere intenzionata a «negoziare sulle firme dei cittadini venezuelani» che vogliono cacciare il presidente in carica. Il governo Chavez a sua volta parla di «ennesimo tentativo di colpo di stato» dopo quello fallito e orchestrato da Washington nell'aprile dello scorso anno.



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