Che sapore hanno per i neozelandesi in festa gli undici oscar di Peter Jackson? Per alcuni è come un sorso di birra gelata ma un po' sgasata, una riscossa dopo due epiche sconfitte sull'arena mondiale, quella datata della Coppa America e quella più recente, bruciante, del novembre 2003, per la quale gli All Blacks hanno ceduto all'Inghilterra il trofeo più ambito di campioni del mondo di rugby. Politicamente, è il recupero effimero, quasi involontario, di un'unità nazionale che negli ultimi mesi era stata logorata dalle polemiche suscitate dalla destra dopo le contestazioni del Waitangi Day. Il 6 febbraio infatti, Don Brash leader del National party era stato accolto a manciate di fango dagli estremisti maori per un discorso in cui aveva denunciato i privilegi di cui godono i maori su base etnica in uno stato in cui tutti i cittadini dovrebbero avere pari dignità. Oggi maori e tongani al lavoro nei cantieri del centro di Auckland sfoggiavano larghi sorrisi e si definivano orgogliosi di essere neozelandesi. Anche se il film che li rappresentava più da vicino, Whale Rider, non è stato premiato. L'entusiasmo davanti al megaschermo allestito per l'occasione su Aotea Square per trasmettere la cerimonia degli oscar era controllato. Forse gli spettatori stavano entusiasmandosi davanti ai loro computers, perché al New Zealand Herald hanno registrato un aumento delle connessioni in rete del 400%. Comunque in tutto il paese ci sono state feste, tantissime le scommesse - con vincite basse vista la prevedibilità del risultato - mentre a Wellington i fans di Jackson si sono dati appuntamento vestiti in stile Signore degli anelli al cinema Embassy dove a dicembre c'era stata l'anteprima del film.
Sagace commento di un giornalista del New Zealand Herald: «adesso i neozelandesi hanno più oscar pro capite di qualsiasi altra nazione al mondo», riferendosi all'altro record kiwi: quattro milioni di abitanti per circa sessanta milioni di pecore. L'«effetto Lotr» come si dice qui, era già una benedizione per il turismo senza bisogno di stravincere. Già da due anni in Nuova Zelanda le presenze sono in crescita e i tour operators hanno avuto modo di variare l'offerta di gite a tema nei luoghi dove sono avvenute le riprese del kolossal. Il pubblico americano viene blandito con partenze da Los Angeles per visitare la terra di mezzo, in stile safari con il 4x4 o in elicottero (per chi fosse interessato: http://www.tourism.net.nz/tours/lord-of-the-rings-tours/ ). Anche se l'idea di vendere la nuova Zelanda come un gigantesco fondale iperrealista, trasformando il paesaggio in natura «geneticamente modificata» sembra straniante: i cartelloni pubblicitari che tappezzano Los Angeles in questi giorni recitando «New Zealand : 100% pure» funzioneranno senza dubbio con gli americani, Sembra abbia luogo un'identificazione inesorabile tra un prodotto mentale e un paesaggio i cui effetti inquinanti non riusciamo ancora a prevedere. In omaggio alla giovane industria cinematografica (dall'incerto futuro) kiwi, l'università di Auckland ha aperto negli ultimi tre anni un corso di trucco cinematografico. In omaggio alla grande industria cinematografica (americana) il governo ha approvato uno schema di finanziamento/rimborso del 12% dei costi di lavorazione dei film la cui produzione spenderà più di 50 milioni di dollari in Nuova Zelanda. Lo schema, che durerà per tre anni, aiuterà anche le produzioni da 15-50 milioni di dollari, se la spesa costituirà più del 70% del budget totale. E le piccole produzioni «locali»?