SOCIETÀ

«Tutti in piazza contro una legge integralista»

Sabato a Roma sfila l'antiproibizionismo. Una campagna per bloccare Fini
BARRUCCI TIZIANA,ROMA

Sarà una manifestazione di popolo, di tutte le persone sensibili e contrarie alle ragioni dell'intolleranza quella che sabato sfilerà per le vie di Roma contro il disegno di legge Fini sulle droghe. A presentarla ieri a Montecitorio un folto cartello che riunisce tante anime differenti, associazioni, sindacati, amministrazioni locali, operatori, partiti, centri sociali e personaggi della musica e dello spettacolo, tutti d'accordo nel criticare un disegno di legge «demenziale, integralista e proibizionista». La proposta infatti, se tramutata in legge, sarebbe una vera e propria catastrofe perché ad esempio, dicono gli organizzatori della mobilitazione, «trasformerebbe in un solo colpo centinaia di migliaia di consumatori in spacciatori e renderebbe ingestibile la già molto critica situazione carceraria». Il ddl, che è già passato all'unanimità al consiglio dei ministri lo scorso ottobre, è oggi bloccato, anche perché, spiega Franco Corleone del Forum droghe, «è contro il federalismo. Dopo tanto martellare su questa questione - continua - si propone oggi una legge che di fatto sottrae competenze alle regioni, cosa che evidentemente stona un po'». Senza contare che «al di là della folle equiparazione tra droghe pesanti e leggere e al di là delle pesantissime pene previste anche per i semplici consumatori, la proposta ridisegna completamente il sistema degli interventi».

Se il concetto da cui prende forma il decreto Fini è infatti quello della criminalizzazione del consumatore e la messa in discussione delle sue libertà, la proposta svilisce pure il ruolo del servizio pubblico, scatenando una competitività sfrenata tra strutture pubbliche e private, umiliando e mortificando il lavoro e l'esperienza di chi - come gli operatori dei Sert e delle unità di strada - con la riduzione del danno limita gli effetti negativi dovuti al mercato nero e all'abuso di sostanze. E proprio su questi aspetti punta il dito Stefano Vecchio, psichiatra rappresentante Cgil e dirigente del Sert di Napoli che, a fronte dei tagli ai servizi e della riduzione dell'organico nei Sert, sottolinea la necessità di un «rilancio del sistema integrato dei servizi per le tossicodipendenze e di una piena depenalizzazione del consumo». In sostanza, se passasse la proposta tornerebbe lo stereotipo del tossico criminale che «come operatori e utenti abbiamo con molta fatica messo in discussione».

La proposta quindi, buttando in un unico calderone droghe pesanti e leggere e alimentando la propaganda terroristica contro i consumatori di marijuana, cancella con un colpo di spugna anni di ricerche e di sperimentazioni. A testimoniarlo anche Giuseppe Cucci, rappresentante del Pic (Pazienti impazienti cannabis), giovane malato di sclerosi multipla che si cura proprio con la cannabis. Grazie a questa, racconta Cucci, «sono riuscito a decontrarre due muscoli delle gambe che erano contratti da oltre un anno senza che i farmaci avessero potuto fare alcunché». Cucci non si sente affatto un «drogato»: «Lavoro in una società della new economy - dice - ho una moglie e una bambina. Secondo la legge Fini dovrei andare a "recuperarmi" e pentirmi in comunità per oltre due anni, senza nemmeno le visite della mia famiglia. Perché? Da che dovrei disintossicarmi, visto che ora sto meglio di prima?». E' Cucci a porre la questione, per la verità molto dibattuta, dello studio presentato dal ministero della Salute sulla cannabis: «Ne hanno dovuto creare uno nuovo nonostante ce ne fossero già centinaia. Solo così potevano dimostrare ciò che vogliono fare credere alle persone, una tesi del tutto falsa. Secondo il ministero la cannabis provocherebbe la schizofrenia perché su tot pazienti schizofrenici il numero di quelli che avevano fumato era in percentuale maggiore rispetto alla popolazione non schizofrenica. Ma è un assurdo, come dire che siccome tra i malati di sclerosi multipla ci sono molti fumatori, il fumo provoca la sclerosi».

Per tutti questi, quindi, c'è bisogno di «un'opposizione forte, trasversale, che vada oltre le forze attualmente in campo e che raduni quelle provenienti da tutte le parti sociali a favore di una battaglia di civiltà e difesa delle libertà».

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