MONDO

Oggi il Guatemala al ballottaggio. Con l'ombra nera di Rios Montt

L'EX DITTATORE GENOCIDA
BERETTA GIANNI,GUATEMALA

Curiosamente nel pieno delle feste di fine anno, si tiene oggi il secondo e decisivo turno elettorale in Guatemala. A contendersi la presidenza della repubblica due esponenti della destra moderata: Oscar Berger, imprenditore, ex sindaco della capitale e Alvaro Colom, avvocato, anch'egli piccolo impresario; entrambi alla testa di due nuove formazioni, rispettivamente la «Grande alleanza nazionale» (Gana) e l'«Unione nazionale della speranza» (Une). Berger, conservatore, sostenuto dalla confindustria locale e dal voto urbano, è dato al 58% nei sondaggi, contro il 42% di Colom, sacerdote maya pur senza essere indigeno. Ma gli indecisi sono ancora il 14%, soprattutto fra i sostenitori dell'ex dittatore, generale Efrain Rios Montt, uscito di scena al primo turno lo scorso 9 novembre.

Il fantasma del generale golpista, ancora per qualche giorno presidente del parlamento, aleggia anche in questo ballottaggio. Rios Montt infatti, col suo populista «Fronte repubblicano guatemalteco» (Frg) del governo uscente, continuerà a rappresentare la seconda forza politica in parlamento dove nessun partito ha da solo la maggioranza assoluta. In più, paradosso vuole che il Frg si sia imposto nettamente a Huehuetenango e nel Quichè, i due dipartimenti a più alta densità indigena (e delle Pac, le famigerate ex «Pattuglie di autodifesa civile»), dove si concentrarono le mattanze degli anni '80.

I programmi di governo di Berger e Colom si differenziano assai poco; ed entrambi hanno badato formalmente a prendere le distanze dall'ex generale genocida. Ma sanno che in qualche modo dovranno farci i conti. Si sono dunque ben guardati dall'esprimersi sul futuro giudiziario di Rios Montt, sul quale pende una denuncia per genocidio depositata nei tribunali da Rigoberta Menchù.

In gioco c'è l'impunità dell'ex golpista. E pare che Colom, per rimontare lo svantaggio dei sondaggi, abbia cercato di trattare con il Frg per guadagnarsi il voto rurale-indigeno. E dire che lo stesso Colom, quattro anni orsono, era stato il candidato unitario delle sinistre, raggranellando un incoraggiante 13% alla testa dell'«Alleanza nuova nazione» (Ann), che in queste consultazioni ha ottenuto 7 deputati, prima fra tutte la popolare Nineth Montenegro, leader di un'associazione di familiari di desaparecidos.

L'esito non è dunque così scontato.

Resta il fatto che dalla fine delle dittature militari, nel 1985, nessun partito è riuscito a governare una secondo volta in Guatemala. Al contrario, le formazioni politiche al potere sono tutte pressochè scomparse. E' il caso della Democrazia cristiana (Dc), piuttosto che della destra del «Partito di avanzata nazionale» (Pan). Per non parlare della sinistra democratica, rovesciata dal golpe del 1954 della United Fruit Company, quando governava Jacobo Arbenz.

Sta di fatto che chiunque si affermerà, dovrà fare i conti con un paese in balia della corruzione e del narcotraffico, che hanno prostrato le istituzioni dello stato, a partire dal potere giudiziario; col risultato di una crescita smisurata della criminalità organizzata e della micro-delinquenza diffusa. Gli accordi di pace fra governo e guerriglia del dicembre del `96, che posero fine a 36 anni di conflitto, non sono stati applicati nelle loro parti sostanziali (redistribuzione del reddito e riforma agraria). Mentre l'economia è a pezzi, col 56% della popolazione nella povertà, e con un 21% in condizioni di indigenza disperata (dati delle Nazioni unite).

Anche l'atmosfera elettorale di questi giorni non è delle più rassicuranti. Qualche giorno prima di Natale, don Josè Maria Ruiz, parroco nel quartiere cinque della capitale, è stato assassinato da sconosciuti. Aveva più volte criticato il governo uscente del presidente Alfonso Portillo (un uomo di Rios Montt) per la sua politica sui diritti umani.

Si tratta dell'ennesimo tributo di sangue di esponenti della Chiesa cattolica guatemalteca, da tempo unica vera opposizione in questo paese, dichiaratamente schierata com'è, a cominciare dai suoi vescovi e dal cardinale Rodolfo Quesada Toruno, arcivescovo di Città di Guatemala,, dalla parte degli emarginati.

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