Per difendere i diritti umani in Iraq, così come per ogni altra attività no-profit, c'è bisogno, dal 27 novembre, dell'assenso del governatore Bremer. Una sua ordinanza ha imposto a tutto il nascente associazionismo iracheno, così come alle Organizzazioni non governative (Ong) internazionali, di richiedere una autorizzazione, fornendo dati sensibili (come ad esempio i nominativi dei finanziatori), di concordare le proprie attività con i ministeri del governo da lui nominato, di relazionare periodicamente e di sottoporsi a controlli. Amplissima è la possibilità di diniego, sospensione e revoca della autorizzazione ad un apposito ufficio eufemisticamente chiamato «Ngo assistance office». Non è la prima ordinanza che contraddice il «vento di democrazia» che si sarebbe dovuto levare sull'Iraq. Già con l'ordinanza n. 14 la libertà di stampa veniva limitata e con la n. 19 la libertà di manifestazione veniva ristretta ad un massimo di quattro ore e non più di una volta al giorno. In agosto, lo hanno riportato gli «Osservatori di pace» di Un ponte per..., le forze di occupazione si prodigavano nell'arresto dei sindacalisti dell'Unione dei disoccupati rei di mantenere un presidio pacifico, con tanto di tende, di fronte al quartier generale della Cpa, amministrazione coloniale statunitense . Quindici giorni fa è stata la volta di cinque dirigenti del sindacato degli trasportatori, la cui sede a Baghdad è stata oggetto di una vera e propria incursione con tanto di imbrattamento della sede, ancora una volta testimoniato dagli Osservatori del «Ponte». In questo caso le proteste internazionali hanno ottenuto un rapido rilascio dei sindacalisti, con tante scuse, ma il fatto rimane. Più di una volta infine sono stati annullati i risultati di elezioni locali il cui risultato non confaceva le aspettative statunitensi.
Ora si passa a mettere sotto sorveglianza tutta la società civile, irachena e internazionale, colpevole, quest'ultima, di non aver voluto fino ad adesso collaborare all'occupazione del paese.
Non se ne parla mai, ma in Iraq non c'è solo la resistenza armata all'occupazione, ma c'è la nascita di una società civile che si sta rimboccando le maniche per costruire il futuro del paese e non solo in senso materiale. Più di una organizzazione dei diritti umani, ad esempio, accanto alla attenzione per le vittime del passato regime, ha cominciato a premere sulla Cpa per ottenere risarcimenti per le migliaia di vittime civili dell'occupazione, così come a difendere i diritti dei detenuti, anch'essi migliaia.
Una società civile quindi attiva, non bollabile come «terrorista», che può diventare un problema per una amministrazione che si prepara a «trasferire il potere» ad un governo nominato dall'alto e non eletto dalla popolazione irachena.
L'ordinanza di Paul Bremer, continuando sulla strada della sospensione delle libertà civili in nome della lotta al terrorismo che si sta diffondendo in tutto il mondo costruisce il quadro in cui tutte le forme di associazionismo saranno sotto continuo ricatto. Meglio prevenire...
Il nostro Governo, in quanto membro della Cpa, il Consiglio provvisorio iracheno, condivide la responsabilità di questa politica incompatibile con la libertà di associazione.
Le Ong del «Tavolo di solidarietà con le popolazioni dell'Iraq» attive nel paese (Un ponte per..., Ics, Cosv, Gvc, Intersos) hanno già preso una dura posizione proponendo alle altre Organizzazioni non-governative internazionali presenti in questo momento in Iraq, e in particolare al coordinamento Ncci (Nongovernamental coordination committee in Iraq), di rifiutare collettivamente questa direttiva e richiedere al segretario generale delle Nazioni unite di intervenire a tutela delle prerogative dell'Onu nel coordinamento degli aiuti umanitari e alla Commissione per i diritti umani perché intervenga a tutela della libertà di associazione in Iraq.
E' necessaria una forte mobilitazione della società civile italiana e internazionale per premere per la revoca della ordinanza n. 45 a difesa della possibilità del libero sviluppo di una società civile irachena critica e autonoma, essenziale per la costruzione di un futuro di pace in Mesopotamia.
Invitiamo intanto tutte le associazioni italiane a inviare e-mail di protesta al Governatore Bremer andando sul sito www.unponteper.it.
* Presidentedell'Associazione «Un ponte per...»