ARTICOLO

Clandestini e onesti lavoratori

PUGLIESE ENRICO,ITALIA

Sui muri di Roma si può vedere un manifesto di Alleanza Nazionale con l'immagine di tre immigrati dall'aria molto rassicurante e con la scritta «il voto a chi lavora, via clandestini». Il manifesto, per le immagini e per il testo è ricco di implicazioni sul piano mediatico, sociologico e politico. I tre immigrati sono ovviamente giovani, di bell'aspetto e ben curati. Non hanno affatto un'area proletaria. Devono essere molto bene integrati. Non è facile individuarne la nazionalità. La ragazza in primo piano è una biondina. Il secondo dovrebbe essere nero, ma nel manifesto appare molto sbiancato: sarà l'effetto all'integrazione!

Sul piano politico il manifesto esprime un punto di vista molto diffuso a livello a destra come a sinistra: la convinzione che esistano degli immigrati, regolari, ben integrati e meritevoli dei benefici sociali e politici della nostra democrazia e immigrati clandestini da mandar via, perché devianti. E lo slogan «Via i clandestini e voto a chi lavora» è senz'altro convincente.... Almeno all'apparenza. Ma le cose nella realtà sono un tantino più complicate. Lo slogan è fondato su una grande contraddizione in termini: «i clandestini» e «quelli che lavorano onestamente» (e che quindi meritano di votare) sono le stesse identiche persone, come meritoriamente ha mostrato di riconoscere il governo attualmente in carica. Esso infatti - proprio con la legge Bossi-Fini e successivi decreti - ha dato adito alla più grande sanatoria della storia dell'immigrazione italiana: 700 mila «clandestini» (un terzo ad occhio e croce degli immigrati presenti in Italia oggi), i quali lavorano onestamente e sono in processo di diventare lavoratori regolari.

Se la maxi-sanatoria Bossi-Fini è la più grande, è solo la quarta delle grandi sanatorie - emanate dai governi di sinistra, di destra e di centro-sinistra - che si sono succedute dal 1987 oggi. Insomma se in Italia ci sono - come ci sono - anche immigrati che hanno il volto rassicurante dei giovani rappresentati dal manifesto di An è grazie a quella benedetta, sacrosanta, italianissima incoerenza che ha dato luogo alle sanatorie per cui i «clandestini» non sono stati mandati via, ma essendo gente che lavora, sono rimasti in Italia. Ogni annunciata sanatoria è stata solennemente proclamata come ultima e giustificata in base agli errori della precedente politica migratoria. Ogni governo si è impegnato alla lotta alla clandestinità. Ma - per quel che si è potuto osservare fino ad ora - questo obiettivo è rimasto lettera morta o - più frequentemente e peggio - si è tradotto in lotta contro «i clandestini». Lo slogan «via i clandestini» ripropone lo stesso equivoco del passato.

E qui devo fare qualche chiarimento, purtroppo ripetitivo per molti lettori. Il primo riguarda il termine clandestino, il secondo riguarda la metemorfizzazione della maggior parte di coloro cui è affibbiato questo termine in immigrati lavoratori onesti.

A volte il «politically correct» non è del tutto negativo e fuori luogo. Così ad esempio nel campo dei migration studies (studi sui movimenti e le politiche migratorie) - per più o meno esplicita convenzione - non si usa il termine clandestino ma quello di «unauthorized immigrant», immigrante non autorizzato. In Italia invece il termine viene usato impropriamente per riferirsi sia a chi è effettivamente entrato clandestinamente nel paese in cerca di lavoro, sia a immigrati già regolari che hanno perso il lavoro e il permesso di soggiorno - oversatyers si dice nel linguaggio della letteratura in materia - sia a coloro i quali sono entrati con visto o hanno avuto un permesso di soggiorno come turisti o studenti - e non hanno avuto (o non hanno richiesto perché sapevano che non l'avrebbero avuto) il rinnovo - sia infine a rifugiati che scampano e trovano rifugio sulle nostre coste e che, in quanto richiedenti asilo, non sono clandestini, e così via di seguito. Insomma se ne fa un uso improprio ed estensivo con evidenti implicazioni politiche.

Ma passiamo al secondo punto. Se abbiamo avuto tante sanatorie è proprio grazie al numero elevato di «clandestini» che sono entrati o sono ridiventati tali in Italia. Gli immigrati sono arrivati come hanno potuto: all'inizio - con l'eccezione degli albanesi arrivati in massa nel 1991 - pagandosi un biglietto in treno, autobus, aereo o traghetto (soprattutto dalla Tunisia) e rimanendo oltre la scadenza del permesso di soggiorno (concesso in generale per motivi turistici) a lavorare; poi, sempre più frequentemente, attraverso ingressi effettivamente clandestini, pur non venendo mai meno il canale dell'ingresso per turismo. Infine quelli che arrivano ancora in questi giorni, e che non muoiono durante la traversata, sono nuovi clandestini, nuovi futuri onesti lavoratori, anche come quelli con le rassicuranti facce del manifesto. Ma anche come quello morto a Genova mentre lavorava al nero, come edile, per la costruzione del museo del mare, aspettando la sanatoria.

La differenza tra immigrati-lavoratori-regolari e immigrati-clandestini viene presentata in generale (a destra come a sinistra) come una sorta di distinzione ontologica. «Clandestini si nasce - avrebbe detto Toto' - e io lo nacqui». Invece «clandestini» si diventa, così come da «clandestini» si diventa regolari. Così, grazie a Dio, è ora e così è stato in passato: 115 mila clandestini hanno smesso di esserlo grazie alla legge n. 943 del 1987, 240 mila grazie alla legge n. 39 del 1990 («legge Martelli»), 270 mila grazie al decreto Dini del 1995 (attuato con la legge Napolitano del 1996), 250-300 mila (non si sa bene) grazie al decreto Russo-Iervolino del 1998. E così arriviamo a qualcosa come un milione. La stima è «nasometrica» - come è d'obbligo in questi casi - ma dovremmo, esserci vicini. Se a questi ex-clandestini aggiungiamo i minori che non hanno un autonomo permesso di soggiorno, nonchè coloro i quali sono arrivati grazie alle norme sui ricongiungimenti familiari, più qualche decina di migliaia di colf arrivate per chiamata diretta e qualcuno arrivato grazie alla norma relativa agli ingressi per ricerca di lavoro (prevista dalla legge Turco-Napolitano e eliminata dalla legge Bossi-Fini) ci ritroviamo con i numeri sul totale degli immigrati che circolano attualmente (o meglio alla vigilia delle regolarizzazioni a norma della Bossi-Fini). Secondo le diverse fonti rese note dall'Istat il numero degli immigrati regolari si colloca intorno al milione e mezzo di unità. Con i 700 mila regolarizzandi (in realtà la cifra effettiva - si suppone - si abbasserà di un 10-20%), che passeranno dalla loro attuale condizione di clandestini a quella di onesti lavoratori, supereremo certamente i due milioni.

Vorrei passare ora all'aspetto mediatico e ai volti rassicuranti del manifesto. L'idea è effettivamente bella. Ci sono anche immigrati così e a noi piacciono. Ma - di nuovo - la realtà è un po' più complessa. L'immagine che ho io degli onesti lavoratori immigrati è fatta da una galassia che comprende le facce dei giovani del manifesto, preferibilmente occupati nell'area della comunicazione, insieme a antiche facce contadine di lavoratori agricoli tunisini, a facce serie e un po' spaventate degli ultimi arrivati, a facce stanche di lavoratori dell'edilizia, a facce rotondette e un po' paesane di cameriere cattoliche filippine o sudamericane ed altro: una umanità ricca e variegata, fatta di gente più o meno povera, più o meno sicura, più o meno contenta. Rare sono le facce dei ragazzi del manifesto. Ma si può prendere l'immagine del manifesto come un buon augurio. Ormai sta entrando in scena la seconda generazione. E speriamo che la maggior parte dei ragazzini figli degli immigrati stabilmente residenti ormai in Italia (insomma dei «clandestini» di prima) diventino effettivamente così. C'è bisogno di una grande impegno della scuola e di una grande solidarietà. E soprattutto di chiarezza.

E con questo passiamo a un'altra nota dolente. Si dice che gli immigrati sono portati di qui dai «mercanti di carne», dalla mafia, da organizzazioni criminali. Sarà. E' difficile trovare documentazione attendibile al riguardo. Ho appreso dalla televisione che si tratta di un business di non so quanti miliardi o milioni di euro: «un business che farebbe finanche gola ad Al Qaeda», come ha detto qualcuno.

Io non dispongo di documentazione, ma la penso diversamente. E' troppo semplice pensare che gli immigrati vengano qui portati dai trafficanti, ed essendo ignari di tutto quello che può loro succedere. Non è la mafia che organizza le migrazioni: sono gli emigranti che -a causa delle porte chiuse della fortezza Europa - si avvalgono dei servizi (ovviamente illegali) dei trafficanti, più meno organizzati, per particolari tratte del loro viaggio. Non ho documentazione tecnica accettabile sull'argomento, e non posso fare altro che raccomandare la visione del crescente numero di films sull'emigrazione dai paesi del terzo mondo fatti in generale da registi locali, i quali se ne intendono. Si tratta di storie rocambolesche e drammatiche con esiti a volte tragici a volte a lieto fine, comunque ricche di episodi dolorosi. Ma la cosa che si vede sistematicamente è come gli immigrati, che arrivano per loro scelta e sulle proprie gambe, passano attraverso una serie di passaggi avendo a che fare con la gente più varia: impostori, criminali, mafiosi, brave persone e «onesti» passeurs che si guadagnano da vivere accompagnando la gente da un parte dall'altra di una frontiera. Quello che ha stimato il volume di affari dei «mercati di carne» deve essere un genio o un impostore. Come abbia fatto a produrre il calcolo è difficile da spiegarsi. Sarebbe bello ospitare sul nostro giornale una illustrazione del calcolo stesso. L'autore si sarà riferito alle quote delle diverse organizzazioni? Ai costi dei singoli passaggi? Al numero di quelli che sono riusciti a entrare e a quello dei naufraghi? Al modo in cui si fanno pagare i diversi passeurs e i diversi traghettatori Alla composizione etnico-nazionale dei «clandestini»? O si tratta della solita «sola»? E poi che c'entra Al Qaeda?

Ho riflettuto su queste cose in occasione del naufragio degli aspiranti immigrati e rifugiati somali. Mentre si è - giustamente - molto pianto sulla loro sorte, poco ci si è chiesto perché -e per quali ragioni - erano morti. Ci sarà pure in Italia una legge che impedisce di entrare agli aspiranti rifugiati. O no?. Per non parlare della impossibilità di ingresso a chi non è neanche rifugiato e vuole entrare in Europa per lavorare. Se costoro arrivano su carrette del mare sempre più piccole e insicure è perché non è stata data loro alcuna alternativa di ingresso regolare. E - sia chiaro - tutto questo non è affatto colpa della legge Bossi-Fini. Certo questa ha reso più difficili gli ingressi regolari e reso -in conflitto con norme internazionali - molto più difficile il riconoscimento dello status di rifugiato o richiedente asilo. Ma non è per effetto di quella legge che si è verificata la chiusura delle frontiere, con ovvio e logico risultato di tragedie di mare, in Italia come in altri paesi ricchi (si pensi alla Spagna). D'altronde solo pochi anni addietro una carretta del mare carica di aspiranti immigrati albanesi fu affondata dalla nostra gloriosa marina militare. E non c'era la destra al governo.

Insomma in Italia non si è potuto negli ultimi anni e, in particolare, non si può ora entrare regolarmente se non con estrema difficoltà. Questo spiega le tragedie di mare e questo spiega l'enorme numero di «clandestini». Questa è la storia che si portano dietro gli immigrati di oggi.

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