MONDO

Guatemala, perde Rios Montt. Destra al ballottaggio

ELEZIONI
BERETTA GIANNI,CITTA' DEL GUATEMALA

«Ho la speranza che la storia di Efrain Rios Montt sia finita qui; ma il generale è come un animale ferito; e fra oggi e il secondo turno può succedere di tutto». A poche ore dall'uscita di scena elettorale dell'ex dittatore guatemalteco, il direttore del tg Guatevision, Haroldo Sanchez, più volte minacciato di morte, ci confessa il suo sollievo a metà. Lo scrutinio si trascina, ma saranno Oscar Berger e Alvaro Colom, i due leader della destra moderata, a contendersi la presidenza della repubblica nel ballottaggio del 28 dicembre. Il generale Rios Montt, fondatore del «Fronte repubblicano guatemalteco» al governo, resta bloccato sull'11% dei consensi. Mentre l'imprenditore Berger, della «Grande alleanza nazionale», ex sindaco della capitale, gode di una proiezione del 44%. Il suo rivale diretto, col 25%, sarà l'avvocato Colom, dell'«Unione nazionale per la speranza». Per gli osservatori internazionali il voto si è svolto con sufficiente regolarità. Ma non sono mancati incidenti, intimidazioni e isolati brogli. La disputa si è consumata tutta a destra, fra populisti, reazionari e moderati, compreso il «Partito di avanzata nazionale» già al governo, quarta forza politica in campo con appena il 5%. Le urne cancellano quasi la Democrazia cristiana, a confermare la regola che, dalla fine dei regimi militari nel 1985, tutti i partiti che hanno governato in Guatemala hanno resistito per un solo mandato e poi si sono eclissati. La sinistra infine, che non è più tornata al potere dal golpe della Standard fruit company nel 1954, ai danni del progressista Jacobo Arbenz, è uscita con le ossa completamente rotte. L'ex guerriglia della Urng, dopo litigi e scissioni da cui è prevalso il «candidato-comandante» Rodrigo Asturias, è intorno all'1%. Solo Nineth Montenegro (di un'associazione di familiari di desaparecidos) avrebbe potuto raccogliere un successo come deputata per l'Alleanza nuova nazione (Ann), che nelle precedenti elezioni (dopo gli accordi di pace fra esercito e guerriglia) aveva colto un lusinghiero 13%. Era proprio sotto l'ombrello della Ann che qualche mese fa intendevano riunirsi associazioni indigene, sindacati, Ong per i diritti umani e la Nobel per la pace Rigoberta Menchù, candidando per la prima volta un indigeno a presidente: il sindaco di Quetzaltenango (seconda città del paese) Rigoberto Quemè . Ma le ambizioni personali di Pablo Monsanto, altro ex comandante della Urng, hanno fatto saltare tutto. E' una beffa per le sinistre scomparire politicamente insieme al generale genocida. Anche se dalla morte del reazionario cardinale Mario Casariego, nei primi anni `80, è la Chiesa cattolica e il suo episcopato ad aver esercitato il vero ruolo d'opposizione. Tanto da aver perso finanche un vescovo, mons. Juan Gerardi, fatto assassinare da macellai della risma di Rios Montt.

Il timore che in queste elezioni il generale ce la potesse fare si era convertito in un incubo. In fin dei conti era già stato «liberamente» eletto presidente del parlamento 4 anni prima. Anche se poi ha dovuto mobilitare le sue famigerate ex «Pattuglie di difesa civile» per imporre la propria candidatura violando la costituzione. Ma il suo Frg aveva troppo prostrato l'economia, consegnandola alle mafie degli ex militari. Certo, Rios Montt è riuscito a imporsi incredibilmente nel dipartimento indigeno del Quichè, da dove viene Rigoberta Menchù, e dove si verificarono le stragi più feroci - torna la sindrome che lega vittime e carnefici. In ogni caso, Rios Montt, perduta l'immunità parlamentare, potrebbe ora finire persino sotto processo. La Nobel per la pace (e non solo lei) lo ha denunciato per genocidio (da allora si guarda dal mettere i piedi fuori dal Guatemala). Per ora il generale tace. Ce ne saremo davvero liberati?



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