ECONOMIA

La pessima ricetta di Cacciari

MERIDIONE
CAVALLARO LUIGI,ITALIA/SICILIA

Il filosofo Massimo Cacciari in visita a Palermo a fine settembre ha annunciato che la questione meridionale non c'è più e che chi ci crede ancora è schiavo dell'assistenzialismo dispensato da uno Stato che è morto e da una Regione che è in agonia. I siciliani hanno porti, aeroporti, strade; sono in Europa e godono degli stessi privilegi dei ricchi del Nord del pianeta; per di più, la rivoluzione informatica ha reso obsolescenti le tecnologie fordiste, azzerando il vantaggio di cui godevano le regioni più industrializzate del Paese. «Se la Sicilia si trova in difficoltà è solo perché i siciliani vogliono così», ha concluso Cacciari; per invertire la rotta basta volere qualcosa di diverso - insomma, datevi da fare. Massimo Cacciari è filosofo di vaglia e grande studioso di Nietzsche, la cui etica della volontà di potenza un nostro antico giurista, Emilio Betti, riteneva una variante dell'idealismo, che a sua volta Marx spiegava essere l'autentica filosofia del capitalismo. Tout se tient: se lo Stato è morto e la Regione Sicilia non sta tanto bene (come forse direbbe Woody Allen), cosa meglio di un'iniezione di libera intrapresa per far uscire la Sicilia dal coma indotto dall'oppiaceo paternalismo democristiano?Accade però che da dieci anni a questa parte, mentre si raccontano queste e simili cose (ad esempio, che i siciliani rifiutano il lavoro che gli si offre generoso e copioso dalle imprese, come sostiene il prof. Luca Meldolesi, che nella fede nel lassez-faire ha alfine riversato l'anarchismo instillatogli da certe sue antiche militanze giovanili), il divario economico, sociale e civile della Sicilia e del Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord ha ripreso a crescere.

Non un nostalgico dello «Stato provvidenza» ma un suo fustigatore come il Governatore della Banca d'Italia ha ricordato, nelle ultime Considerazioni finali, che da quando è cessato l'intervento straordinario (appunto, dieci anni fa), il Sud è più povero di reddito, di infrastrutture, di servizi sociali, ha più disoccupati ed è ridiventato terra d'emigrazione (anche se di cervelli e non più solo di braccia). Attribuirne la responsabilità alla tabe assistenzialista che ancora ammorberebbe la meglio gioventù meridionale è come attribuire, che so, alla cultura tribale invece che all'imperialismo le male sorti dell'Africa subsahariana.

Massimo Cacciari è filosofo raffinato e intellettuale democratico, perciò non è razzista. Farebbe bene, però, ad andarci cauto con certe semplificazioni e ricordare che quel Nietzsche di cui egli c'ha offerto la variante soft ha suscitato (e può ancora suscitare) ben altre e terribili interpretazioni. Se la «questione meridionale» è colpa dei meridionali, cosa mai opporremo quando qualche lumbard seguace dell'on. Bossi ci verrà a dire che l'unico rimedio è fucilarli, come i vecchi Dc?

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