E' scoppiata la nuova bomba «Fini» sulle droghe. Dopo la legge sull'immigrazione c'era da aspettarsela. Era passata quasi «inosservata», la giornata mondiale sulle Droghe dell'Onu del 26 giugno scorso. Marcia indietro a tutta forza! Com'è possibile comprendere, a dieci anni dal vasto movimento di opinione «Educare, non punire» la posizione governativa di chi ancora dice: «Bisogna assolutamente punire tutti i consumatori? Siamo certi che «la tolleranza zero» risolverà il complesso problema del disagio giovanile, della tossicodipendenza? Convegno Nazionale sulle droghe a Palermo nel 1993 con il ministro Fernanda Contri: riduzione del danno. Convegno a Napoli nel `98 con la Turco: un cammino sofferto e nasce l'articolazione dei servizi di «Bassa Soglia». Convegno (2001) a Genova con il suggello altamente scientifico del ministro della sanità, Umberto Veronesi: «Il proibizionismo non porta da nessuna parte».
Nel frattempo c'era stato un referendum, non dei radicali, ma votato dal 55% degli italiani che sanzionava, il fallimento delle politiche repressive. Punire e basta non è solo un modo di educare sbagliato, ma è anche e soprattutto inutile e dannoso. Don Bosco è sempre attuale.
La strategia europea è articolata su quattro pilastri: - lotta al traffico - Prevenzione - Cura e riabilitazione - Riduzione del danno -, che l'Unione Europea propone da anni agli Stati membri, nella lotta contro le droghe. Si conferma dappertutto come l'unica strada percorribile. L'ultimo esempio è la Spagna. Sarà l'Italia ad andare contro tendenza? Son convinto che solamente lo sforzo compiuto da tutti coloro che con gli abusi, i consumi problematici e le dipendenze, devono fare i conti, può aiutare a costruire percorsi diversificati di maggior benessere, di autotutela e di uscita dalla dipendenza, con umiltà e costanza, senza deliri di onnipotenza. Occorre creare un sistema di servizi articolati, in grado di fornire insieme degli strumenti farmacologici e terapeutici, la prossimità e l'accompagnamento necessario per aiutare concretamente chi a fatica o sta male profondamente, ricordando il rispetto del principio di autodeterminazione.
Non è facile. E' un'impresa ardua per tutti, non si risolve sicuramente con le crociate. Vogliamo metterci in testa che non esiste una risposta che vada bene per tutti e... in ogni tempo? Per esempio, con tutta onestà, la Comunità non è l'unica soluzione! Servizi pubblici, privato sociale, volontariato, Comunità, tutti attori a pari titolo, con competenze e funzioni proprie e diverse, uniti da un unico e fondamentale obiettivo: garantire i diritti alla cura e alla salute dei giovani, (pensate ai sieropositivi, all'Aids), senza dimenticare di contribuire con altre forze sociali e agli Enti locali a sviluppare politiche giovanili, a promuovere spazi di socializzazione, una scuola presente, per i ragazzi delle periferie, dei centri storici, della città. E' fondamentale creare e far funzionare in tutte le Aziende Sanitarie locali, i dipartimenti per le dipendenze, lo strumento che già Stato-Regione ('99) avevano individuato come adeguato per svolgere le funzioni di programmazione, coordinamento e operare una oggettiva verifica di tutte le Strutture del territorio, anche le più piccole, a volte, le più preziose e sostenerle adeguatamente. Tutti auspicano una «nuova politica sulle droghe».
Sinceramente bisognerà ammettere che non si può attuare senza risorse economiche.
Sono a conoscenza i cittadini che la spesa programmata del settore «droga» non supera l'1% del budget complessivo della Sanità? A proposito delle distinzioni, sarà opportuno che i signori della politica vadano a sfogliare la Bibbia dei Medici: «I principi della medicina moderna» e troveranno la risposta. L'elenco procede per gravità distinguendo puntigliosamente: alcool, fumo di nicotina, psicofarmaci, eroina, cocaina, derivati della cannabis, anfetamine. Le prime tre sostanze, con effetti gravissimi, sono legali. Dietro ogni proibizionismo sta troppo spesso un modo di pensare la realtà, i cui principi di ogni democrazia e sicurezza sono calpestati.
E' calpestata, prima di tutto, la virtù della mitezza. Spesso si accusano coloro che propongono la legalizzazione (che significa cambiare le regole per migliorarle) e la riduzione del danno di essere operatori, tecnici, educatori, politici che vogliono uccidere la speranza e la possibilità di cambiamento dei soggetti tossicomani. Nulla di più falso scientificamente ed epistemologicamente. Diciamo legalizzazione e non liberalizzazione, perché le droghe, purtroppo, son già libere, e per sottrarre quelle illegali al controllo dei poteri mafiosi, occorre stabilire nuove regole. Legalizzazione, del resto, non significa rinunciare alla pratica della dissuasione o a quella educativa; al contrario le permette entrambe in una forma molto più efficace.
Delegare allo Stato e ai messaggi da esso emanati, attraverso l'erogazione di sanzioni, il compito di diffondere valori e sensibilità finisce per essere una scelta profondamente deresponsabilizzante per la Società e proprio chi ha a cuore una società attiva, capace di autorganizzarsi in modo alternativo, rispetto ai valori dominanti dell'utile egoistico, non dovrebbe temere la scelta antiproibizionistica. Ridurre lo spazio del penalmente proibito, specie, quando la proibizione finisce per gettare in clandestinità i soggetti più deboli, aumenta la possibilità che i marginali di questa società si organizzino, si facciano carico di responsabilità etico politiche, prendano coraggiosamente la parola per il cambiamento.
*fondatore della comunità genovese di San Benedetto al Porto