Caro manifesto, il richiamo alla necessità di rileggere ed aggiornare le teorie neokeynesiane fatto da Luigi Cavallaro e Loris Campetti è senz'altro utile, in particolare perché esso ci ricorda che il punto di vista neo-liberista non rappresenta alcunché di nuovo, ma è invece la riesumazione della strategia che il capitale ha storicamente usato nei periodi in cui si è trovato «senza concorrenti».
Ma non servirà, a mio parere, alla ricostruzione stabile e coerente di un punto di vista e di un programma politico alternativo, fintantoché non affronterà una delle ragioni, non secondarie, del fallimento dell'intervento pubblico nel Novecento e cioè la leggittimità del ceto politico ed aziendale che attorno ad esso si è formato. A quali criteri e a chi risponde il management pubblico? Ai cittadini? Ai consumatori? Ai lavoratori? Ai partiti? Alle Authorities? Al parlamento? Ai Forum? E chi lo forma questo management pubblico?
Non mi sembra proprio troppo presto, almeno aprire la discussione a partire dalla ricostruzione delle tante esperienze fatte nel secolo passato.
Piergiorgio Rosso