Ogni anno il 20% del personale viene promosso, il 70% rimane nella media e un 10% deve essere eliminato. Non farlo sarebbe una «falsa gentilezza» perché questi dipendenti subirebbero in seguito leconseguenze della propria incapacità. Così funzionano le cose negli stabilimenti europei della General Electric Power System (Geps) che questi dati li comunica per lettera ai propri dipendenti. Ma proprio dai rappresentanti dei lavoratori di tutti gli stabilimenti Geps in Europa, i cosiddetti Cae, di cui fanno parte anche le rappresentanze sindacali aziendali del Nuovo Pignone di Firenze, è partito un progetto che potrebbe cambiare le cose. Su tutto quello che è organizzazione del personale si chiede informazionecompleta e preventiva, ma soprattutto possibilità di replica alle decisioni aziendali e tempo ai rappresentanti dei dipendenti per presentare proposte alternative. Si propone l' estensione delle informazioni agli Enti locali perché è lì che ci si rivolge quando c'è aria di pericolo per il posto di lavoro. Si esige il rispetto dei contratti di settore e meno rapporti privati fra lavoratore e azienda e si applica la formazione, non come regalo o premio, ma come diritto per tutti.
L'idea di portare qualche novità nel vecchio sistema è nata quando la Comunità europea ha presentato un bando per migliorare il dialogo sociale e soprattutto l'informazione e la consultazione dei lavoratori in azienda. I Cae della General Electric hanno preso la palla al balzo sostenuti da Fim, Fiom e Uim. Hanno chiesto all'azienda di lavorare insieme per presentare un progetto comune (la Comunità europea avrebbe preferito un'azione congiunta) e di fronte alla risposta negativa sono andati avanti da soli. E ce l'hanno fatta. Il lavoro che è stato accettato e presentato a Bruxelles, può diventare ora un percorso da seguire per tutte lealtre multinazionali o materiale per una nuova iniziativa legislativa. «Di sicuro - dice Franco Meini, segretario generale dei comitati aziendali Geps e delegato sindacale Fiom- ora ci sono le basi per andare avanti in altro modo. E ce n'è bisogno perché il rifiuto della General Electric di partecipare al progetto è un segnale chiaro che essa considera marginale, dannoso e invadente per la propria politica il modello partecipativo e laconcertazione fra le parti. E' prova di un'impostazione finalizzata esclusivamente a incrementare i profitti e del rifiuto di ogni regola, senza riguardo alcuno per le ricadute sociali».
Non importa all'azienda, dice Meini, se aprire stabilimenti dove il costo del lavoro è basso, porta problemi all'Europa che non fa a tempo ad adattarsi a questa trasformazione, o crea sfruttamento in paesi già colpiti da crisi finanziarie come il Sud-est asiatico e devastati come gli Stati africani o latino-americani. L'importante è il profitto, anche se nel programma aziendale tutto questo è camuffato sotto sani principicome «assenza di formalismo», «odio della burocrazia» e «integrità». Su quella che è la reale interpretazionec'è molto da ridire. Il primo punto significa non mettere niente per scritto, così è più facile impedire ad undipendente che voglia contestare decisioni della direzione trovare appigli nero su bianco o appoggiarsi adocumenti ufficiali. Per quanto riguarda l'integrità, fatta passare come valore prioritario, altro non è chel'incitamento a denunciare ogni pratica contraria alle regole aziendali.