15 FEBBRAIO

Per Schröder un rinnovo del mandato

GERMANIA
CASTELLINA LUCIANA,BERLINO

«Questo è il mandato che la coalizione rosso-verde ha ricevuto dalla maggioranza del nostro popolo il 22 settembre 2002: il coraggio della pace», aveva detto Schroeder giovedinel suo discorso al parlamento. Quel mandato le è stato rinnovato alla grande con la manifestazione che si è tenuta sabato a Berlino, la più grande della sua storia. «Ci aspettavamo il solito cancelliere insicuro e difensivo, il solito ministro degli esteri furbetto ed arrogante, un'opposizione sovrana; e invece è stato tutto diverso» - ha scritto all'indomani del dibattito parlamentare la Tageszeitung. «Quello che il capo del governo ha tenuto, facendo fronte ad un attacco alla politica estera tedesca che non era mai stato così forte dai tempi di Willi Brandt, è stato forse - continua il quotidiano della sinistra berlinese - il suo miglior discorso». E' segno che Gerard Schroeder, ondivago e indeciso nella sua politica di tutti i giorni, tira fuori la grinta quando si trova con le spalle al muro. E con le spalle al muro ora si sente. Perchè la Germania non è - non è ancora per via delle sue vicende storiche, e non sarà forse mai per via della sua collocazione geografica e delle sue dimensioni - un paese come gli altri. I sospetti e le paure sono ancora molte, altrettanti i complessi. Aver rivendicato la propria autonomia rispetto agli Stati uniti - rifiutando il tradizionale argomento della riconoscenza all'America che ha liberato il paese dal nazismo («la nostra amicizia è ormai adulta, ci obbliga a reciproco rispetto e ci consente diversità di vendute», ha dettto Schroeder), aver ribadito la propria sovranità e il diritto ad una alleanza non unilaterale pesa qui assai più che altrove.

E paradossalmente, oggi che al di qua e al di la del Reno i due paesi che hanno osato sfidare Bush si fan forza l'uno con l'altro, riaffermando la centralità della speciale alleanza Berlino-Parigi, la manifestazione si è conclusa all'obelisco che ricorda la schiacciante vittoria della Germania sulla Francia, nel 1871.

C'è una Germania diversa, oramai. Ancora ultrasensibile ai timori di una crisi economica, e perciò sempre tentata di rifugiarsi sotto le ali che crede protettrici della Cdu ( come si è visto nelle ultime elezioni dei Laender) ma certo senza più voglia di fare la guerra. Si calcola che i tedeschi che sostengono Schroeder su questo punto siano 60 milioni e anche la mozione che l'opposizione ha voluto far votare in parlamento non è riuscita a raccogliere i voti di tutti i suoi deputati: fra liberali e democristiani gli astenuti sono stati 37. L ímpatto delle Chiese si avverte anche qui. E quello della memoria: fra i ragazzi che sfilavano ce n'erano non pochi anziani, alcuni con una patetica e stinta colomba della pace, il simbolo degli anni `50.

Certo, i Patriot alla Turchia sono stati dati; l'uso delle basi agli americani, pure (a differenza di quanto ha fatto l'Austria che ha rifiutato con decisione il transito alle forze armate americane, costringendole, per andare verso il Medio Oriente, a prendere la via del mare). E l'interrogativo sulla saldezza del governo tedesco nel rifiutare di avallare l'ntervento militare in Iraq resta, ma vista dalla Berlino di questi giorni sembra forte.

Il dramma è nei paesi al di là del confine orientale, le cui capitali, contrariamente a quanto ci si sarebbe potuti aspettare, non guardano a Berlino ma direttamente a Washington: in Polonia, nonostante solo il 4% sia a favore della guerra, un movimento della pace non c'è e il governo ha detto sì a Bush comunque sia; nella Cechia, miglior partner della Casa Bianca, qualche manifestazione pacifista in più, ma separate, una dei soli comunisti, una degli anarchici, una degli stranieri, in particolare degli americani che sono i più attivi nel distinguersi dal proprio governo. In Ungheria il ministero degli interni ha addirittura vietato le manifestazioni.

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