PRIMA

E' possibile

BARENGHI RICCARDO,MONDO

Non era mai accaduto che una guerra suscitasse una reazione di questo tipo. Nessuno di noi riesce a ricordare qualcosa di analogo. Centinaia di milioni di persone in centinaia di città di decine di paesi del mondo sono scese ieri nelle piazze percorrendo migliaia di chilometri per dire che la guerra non s'ha da fare. La guerra in generale, questa guerra in particolare. Non era mai accaduto anche se dodici anni fa e poi cinque e poi l'anno scorso tanta gente era scesa in piazza contro le ultime guerre più o meno umanitarie più o meno giuste. Non era così importante, in quantità e in qualità, l'opposizione al conflitto contro l'Iraq nel `91, alle guerre del Kosovo o dell'Afghanistan. C'erano centinaia di migliaia di persone nelle piazze. Ma non c'era quel che abbiamo visto e sentito ieri.

E' che questa volontà di guerra è particolarmente odiosa non solo perché profondamente ingiusta, più ingiusta delle altre, ma perché viene percepita come un abuso di potere, un atto di violenza. Nei confronti di chi vive in Iraq ovviamente, ma anche verso il mondo nel suo insieme a cominciare da quello occidentale. Sono gli occidentali che si ribellano, i loro governi di destra o di sinistra, le loro istituzioni, le loro diplomazie. Il papa si ribella, addirittura l'Onu. E soprattutto le persone di questo nostro mondo che in grande maggioranza (a proposito di democrazia) stavolta non si stancano di combattere per vincere la guerra contro la guerra.

Possibile che il presidente Bush, i suoi uomini o donne non vedano e non sentano il campanello che suona per loro? Evidentemente l'interesse per questa guerra è così potente da chiudere occhi e orecchi. E non è il terrorismo, non è il sanguinario dittatore di Baghdad, non sono le armi di distruzione di massa. C'è altro, molto altro sotto la guerra all'Iraq, che non a caso è in via di preparazione da quando è finita l'altra, cioè dieci anni prima che il terrorismo islamico distruggesse le due torri uccidendo migliaia di persone.

Forse allora la faranno comunque, attaccheranno l'Iraq, seppelliranno di bombe i civili, conquisteranno il petrolio, si insedieranno in Medio oriente e domineranno il mondo contro il mondo stesso. Forse.

O forse invece non ci riusciranno, grazie all'Onu, al papa, alla Francia, alla Germania, alla Russia, alla Cina. Ma soprattutto grazie a quelle centinaia di milioni di persone che da New York a Kigali, da Londra a Canberra, da Parigi fino alla più grande manifestazione del mondo di Roma, non hanno alcuna intenzione di rassegnarsi al peggior mondo possibile. Ieri e domani.

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