MONDO

San Francisco, protesta l'altra America

ROTA MANUEL,SAN FRANCISCO

Confermando le più ottimistiche previsioni dell'organizzazione, ieri a san Francisco hanno marciato centomila persone. Dietro lo striscione della Answer coalition, un fiume di donne, uomini e bambini ha attraversato il centro della città e si è diretto verso i palazzi del governo federale per cantare la propria opposizione alla guerra contro l'Iraq. «No alla guerra per il petrolio» e «niente sangue per il petrolio» sono stati gli slogan più urlati dai manifestanti. La più grande mobilitazione per la pace che la città abbia visto dalla fine della guerra del Vietnam chiude una giornata di mobilitazione mondiale che ha visto coloro che si oppongono alla guerra contro l'Iraq guadagnare il centro della scena politica. La manifestazione è partita alla undici, ora del Pacifico, quando le manifestazioni nel resto del mondo era già da tempo terminate. Qui a San Francisco però, il movimento per la pace gioca in casa e si vede. Ci sono solo venti poliziotti in bicicletta a controllare i centomila manifestanti che sfilano attraverso Market street, il cuore economico e finanziario della città. Il servizio d'ordine organizzato dalla Answer coalition è fatto di ragazzi e ragazze delle high school della città che ballano e cantano per tutto il percorso dei manifestanti. Più rumorosi di loro ci sono solo altri ragazzi, quelli delle scuole superiori di Oakland, che sono venuti per reclamare per l'istruzione e per il lavoro i soldi che Bush vuole spendere per fare la guerra. Un gruppo di nativi americani si unisce a loro, creando una sorta di bandiera per la pace vivente, un simbolo perfetto di un'altra America, non rappresentata politicamente ma pronta a farsi sentire per difendere la pace. Dietro di loro un gruppo di mamme da Berkeley, che hanno portato i bambini nei loro passeggini alla manifestazione e non hanno le mani libere per portare cartelli: il loro messaggio si capisce lo stesso. Vicine a loro, con la loro sinistra coreografia, che fa sentire il lutto per le vittime di una guerra in corso, le Donne in Nero, che ricordano al resto dei manifestanti la tragedia del conflitto fra Israeliani e Palestinesi. Poi, a seguire, il resto dei manifestanti, con i cartelli che si sono costruiti in questi giorni di preparazione alla manifestazione: «how many dead children for gallon?» quanti bambini morti per un gallone di benzina?, «Make peace, not war» fate la pace, non la guerra, meno affascinante dello storico «fate l'amore, non la guerra» ma forse ancora più diretto.

I manifestanti sono venuti da tutto l'Ovest degli Stati Uniti, dall'Arizona e dal Colorado, dal Montana e dal Nevada, ma la maggioranza di loro viene dai tre stati della costa occidentale, dalla California, dall'Oregon e dallo Washington. Sono venuti in pulman, sobbarcandosi dieci o dodici ore di viaggio che la sera dovranno affrontare un'altra volta. Alcuni, i più ricchi e fortunati, sono venuti persino in aereo, e allora il loro viaggio è durato solo due ore. Tutti dicono che ne valeva la pena per partecipare, in una di quelle belle giornate di sole che San Francisco sa regalare, ad una festa così ben riuscita. Ti raccontano dei posti da dove vengono, Eugene, Salem, Corvallis, e ti dicono che non hanno mai visto così tanta gente ad una manifestazione. Ti dicono che dalle loro parti, in stati che hanno non più di tre milioni di abitanti e che sono grandi quanto tutto il nord Italia e anche di più, a volte sono stati in quindici a manifestare di fronte ai palazzi del governo federale, a volte, insiste qualcuno, persino in sette. E così ti dicono il loro entusiasmo per questo fiume di gente, che li fa sentire parte di un movimento più grande a cui finora erano stati collegati solo grazie all'email e ai siti internet dell'organizzazione. Questo, ti giurano, è il modo migliore e più appropriato di passare il fine settimana dedicato a Martin Luther King.

Alla fine della giornata gli organizzatori della Answer coalition ci tengono a ripetere che questo è solo l'inizio, che non ci si potrà fermare fino a quando il pericolo della guerra non sarà scongiurato. L'impressione è che i manifestanti sappiano sin troppo bene che questa giornata di festa non sarà sufficiente a fermare la macchina da guerra in corsa. Tuttavia, tutti sono convinti che una speranza esista e che questa guerra, che ha motivazioni tanto politiche quanto economiche, diventerebbe improvvisamente troppo costosa per George W. Bush se il movimento per la pace continuerà a crescere.

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