VISIONI

Un torrido nu jazz, la tromba di Moelvar

CORZANI VALERIO,ITALIA/ROMA

Il concerto di Molvaer inizia con un duetto tra campionatore e tromba. Il modo più esplicito per definire i contorni del suo progetto, un grimaldello interpretativo subito chiaro: l'elettronica ammorbidita dal rifrangersi dell'ottone, la spinta emozionale del soffio filtrata dal trattamento tecnologico. Un gioco anche abusato, che Molvaer però ha celebrato in tempi non sospetti e che oggi domina con un'abilità perfino troppo distaccata. La freddezza gioca a nascondino coi palpiti nel concerto del musicista scandinavo. Rispetto all'ultima «tornata» romana, Molvaer decide di rinunciare al basso elettrico che aveva reso a tratti furioso il menù ritmico del suo personale laboratorio. Non che nel catino de «La Palma», dove si è consumata la prima delle due date italiane di questo tour invernale (l'altro proscenio era il Palazzo dei Congressi di Cagliari), manchino fendenti e torride escalation dinamiche, ma certo la formazione a cinque con Christian Wallumred al piano, Rune Arnesen alla batteria, Raymond C. Pellicer ai campioni e Paal Nyhus a manovrare i piatti di un dj set, ammorbidisce parzialmente il trumpeter di Oslo. Così arrivano puntuali le ballads e i blues lenti, ovviamente un certo tipo di ballads e di blues molto dilaniati, rarefatti, spuri, timbricamente permeati di rumorismi e di delay. Il nu jazz di Nils Petter Molvaer finisce insomma per prendere connotati trip hop nei brani down tempo, laddove invece nelle partiture più mosse il bacino di riferimento continua ad essere lo strano crocevia che si incontra passeggiando allegramente tra il Miles Davis di Bitches Brew e il drum&bass di Luke Vibert.

Il trattamento timbrico invece, coinvolge innanzitutto la tromba del leader che viene spesso modificata, plasmata, pressurizzata da una nube di filtri tecnologici. Non perde peraltro, la possibilità di proporsi in tutta la sua risonanza metallica, con l'unico filtro stavolta di una sordina rotolata direttamente da uno dei palchi sixties del guru Miles. In questi casi, seppur con qualche difetto di fantasia e di agilità nel fraseggio, Molvaer rassicura tutti coloro che pensano a un bluff camuffato coi bit, ad un humus tecnologico, sposato non per scelta, ma per necessità. Lo scandinavo suona insomma la tromba con una personalità riconoscibile anche se la peculiarità del suo progetto non sta certo nelle pieghe solistiche del virtuosismo. Fin dai tempi di Khmer, il pregevole esordio su etichetta Ecm, Molvaer ha esplicato il suo «pensiero musicale» confidando sulla fragranza del menù completo, sulla stratificazione timbrica e ritmica, sulla felpata selezione degli interventi. Cosicché la sensazione era ed è, anche nel live di Roma, anche nell'album licenziato qualche mese fa per la Universal (Np3), che Molvaer si misuri sostanzialmente su una sintassi poetica antiagonistica: paragonabile a quella che è stata elaborata per fotografare certe soluzioni del poeta Charles Bukowski: «a volte il verso si riduce a una sola parola, di due o tre sillabe, come a preparare la pienezza di un ritmo che arriverà al momento giusto».

Un magma, ora gentile ora intemperante, la musica di Molvaer. Un flusso di tappeti ritmici, in gran parte tratti dalla scaletta dell'ultimo lavoro. Hurry Slowly, Frozen, Simply so, Tabula Rasa,Nebulizer, Axis of ignorance: pannelli di convulsione, preamboli e intermezzi che preparano la danza e trovano l'apice nel lungo bis finale. Una cavalcata prorompente ed epilettica, che confonde definitivamente coloro che si aspettavano di ascoltare un semplice (si fa per dire) concerto jazz. Nel frattempo Molvaer ha fatto togliere sedie e tavolini dalla sala «perché a Oslo il venerdì sera siamo abituati a ballare». Alcuni accettano l'invito, altri no.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it