E' di almeno 21 morti e 120 feriti, per ora, il bilancio di un tragico sabato sera nell'isola di Bali, in Indonesia. Almeno dieci delle vittime sarebbero stranieri; tra di loro sono stati identificati alcuni cittadini australiani e statunitensi. Tre esplosioni in due discoteche e almeno una, affermano fonti della polizia, sarebbe stata causata da una bomba. Uno dei luoghi attaccati era in prossimità del consolato americano nella capitale città di Denspar, mentre uno dei locali colpiti dagli attentati era sul lungomare di Uta Beach, un'altra località turistica assai frequentata. Murdani Usman, un fotografo di Bali, ha contato almeno 15 macchine completamente distrutte dagli scoppi nei locali davanti i quali erano state parcheggiate. Testimoni in stato di panico hanno detto che le vetrate della discoteca Sari, vicino la famosa spiaggia di Kuta, sono arrivate a oltre 500 metri di distanza e che gli scoppi sono stati sentiti a chilometri. «Ho visto un uomo, un indonesiano, senza testa», ricorda drammaticamente Urdani.
L'Indonesia è il paese con più musulmani al mondo. La capitale, Jakarta, e altre isole dell'arcipelago, erano già state teatro di violenza. Ma l'isola di Bali era sempre rimasta un paradiso dei turisti, un'immenso villaggio dove si bevevano cocktail su spiagge bianche all'ombra delle palme da cocco. La polizia brancola ancora nel buio e nessuno ha menzionato la parola attentato. Del resto, al momento in cui scriviamo, non è ancora arrivata nessuna rivendicazione.
Eppure, qualche segnale c'era stato. Solo qualche ora prima dello scoppio delle prime bombe nelle discoteche sulla spiaggia, c'era stata un'altra esplosione davanti al consolato filippino a Manado: molti i danni riportati dall'edificio di due piani (tra cui il cancello di ingresso completamente distrutto), ma nessuna vittima. Il 23 settembre scorso, inoltre, una bomba era esplosa vicino a un edificio di proprietà dell'ambasciata americana nella capitale. Così, appena poche settimane fa, l'ambasciata aveva chiuso i battenti, velandosi dietro mai rivelate ma possibili minacce terroristiche legate alla base di al Qaeda.
Secondo alcuni analisti politici, l'Indonedia rappresenterebbe l'anello debole della guerra al terrorismo nel sud est asiatico, proprio perché il governo non esercita un'azione decisa (come fanno invece le Filippine di Gloria Arroyo, «invase» da mesi dai marines), nel timore che i musulmani più radicali possano sconvolgere l'equilibrio politico.