«Oslo non esiste più. Non esiste Camp David e nemmeno Taba». E' l'ultima dichiarazione di Ariel Sharon, rilasciata ieri in un'intervista al quotidiano israeliano Maariv. Insomma, nessun ritorno all'amministrazione autonoma, neanche nei bantustan della Cisgiordania e di Gaza, tantomeno come misura temporanea. La reazione di Saeb Brekat, ministro palestinese, è stata immediata: «Sharon ha voluto fare sapere al mondo che intende sostituire i processi di pace con i diktat imposti dai suoi carri armati e dai crimini di guerra perpetrati dalle sue truppe». La commissione di inchiesta sui 15 palestinesi (tra cui 2 bambini) uccisi in 3 diverse operazioni dell'esercito israeliano ha infatti stabilito ieri che gli attacchi aerei e l'uso delle flechettes (munizioni che sparano aghi ad ampio raggio), erano «misure appropriate». Così, la giornata di ieri a Jenin, in Cisgiordania, è iniziata con il ritrovamento, all'alba, dei corpi di Samir Qandil e Kamal Silawi, l'ultimo un militante delle Brigate martiri di al-Aqsa. Secondo testimoni, i due sono stati uccisi dopo essere stati presi in custodia. L'esercito israeliano afferma di aver sparato dopo aver identificato i due `sospetti' che si aggiravano, armati, nonostante il coprifuoco. A Qalqilya, sempre in Cisgiordania, sono stati arrestati altri 5 palestinesi. Tra loro ci sarebbe anche Jamal al Hindi, attivista del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Il tutto in risposta agli attacchi di giovedì che hanno lasciato 2 soldati israeliani e un palestinese uccisi, entrambi rivendicati dai Comitati di resistenza popolare, una coalizione che riunisce diversi gruppi. «Facendo saltare il Merkava-3 (uno dei carri armati più sofisticati al mondo, ndr), abbiamo appiccato fuoco all'orgoglio di Israele», ha dichiarato Abu Adnan, portavoce del gruppo. «Ora l'orgoglio è nostro. L'occupazione parla una lingua ai tavoli del negoziato mentre sul terreno uccide la nostra gente». Si cambia tattica: dalle bombe suicide alla resistenza con attacchi armati.
E Israele risponde. Nella notte di giovedì elicotteri israeliani hanno distrutto con almeno 3 missili un impianto metallurgico a Khan Yunis, Gaza. «Perché hanno distrutto la mia fabbrica? Non ho fatto niente di male?», si interroga Abu Khalil, il proprietario. Ma l'esercito israeliano sostiene che lo stabilimento era «usato per fondere munizioni per organizzazioni terroristiche».
Intanto, a Gerusalemme est, il generale Yosef Mishlav ha diramato un ordine di demolizione di 4 abitazioni di familiari di militanti sospettati del coinvolgimento nell'attentato all'università ebraica il 31 luglio scorso. Gli avvisi sono stati notificati mediante affissione alle porte delle case nel rione di Silwan; gli occupanti hanno 48 ore di tempo per presentare ricorso. E'la prima volta che questa misura, dissuasiva e punitiva, viene applicata nel settore orientale di Gerusalemme.
E in occasione di Rosh Hashana, il 5763simo capodanno ebraico, che è iniziato con l'apparizione delle prime stelle di ieri e si concluderà domenica, decine di migliaia di effettivi delle forze armate, della polizia, dei servizi segreti e dei corpi volontari sono in stato di massima allerta in Israele. Giovedì sono state dislocate 3 batterie di missili Patriot a Haifa, a Ghadera (sud di Tel Aviv) e a Eilat, sul Mar Rosso. E sulla principale arteria della striscia di Gaza, a Netzarim e a Gush Katif, sono stati eretti ieri 2 posti di blocco, che dividono Gaza in 3 settori incomunicabili.